Fano
a cura della Redazione
«Ai figli Alessandro e Samuele, alla nuora Anna… al dilettissimo nipote Marcellino… a Lidia». È questa la dedica che apre il volume “Il mio Piero” di Guido Ugolini, storico dell’arte, nonché responsabile scientifico dei beni culturali diocesani e direttore del Museo Diocesano, presentato sabato 26 giugno nella chiesa di Santa Maria del Gonfalone di fronte a un nutrito pubblico invitato per l’occasione nel rispetto delle norme anti – Covid vigenti. Una serata ricca di cultura impreziosita dalle note dei Maestri Claudio Sanchioni (clarinetto), Simone Amelli (tromba) e Roberto Vagnini (sassofono baritono).
Arte. A introdurre la presentazione del libro il Vescovo Armando. «Guido – ha sottolineato il Vescovo – è da sempre appassionato di arte e di questa passione ne ha davvero da vendere». Il Vescovo ha poi messo in evidenza il lavoro che l’Ufficio Diocesano Beni Culturali ha svolto in questi anni e sta tutt’ora svolgendo con grande precisione e professionalità. Ha affermato come l’arte, con le sue immagini così intense, sia strumento di catechesi. Presente alla serata anche il Prefetto della Provincia di Pesaro Urbino che ha ringraziato il Vescovo per le parole di stima espresse nei propri confronti e si è complimentato con Guido Ugolini per il libro su Piero della Francesca.
Piero della Francesca. Si è entrati, poi, nel vivo della serata. Valentina Tomassoni, vice direttore dell’Ufficio Diocesano Beni Culturali, ha dialogato con l’autore del libro ponendo l’attenzione su alcuni degli aspetti principali dell’opera attinenti, in particolare, il ductus biografico e iconologico dei personaggi protagonisti. Un’amicizia lunga di decenni, profonda, quella che lega il grande pittore di Sansepolcro allo studioso urbinate. Un’amicizia che ha consentito a Guido Ugolini di entrare sovente negli anfratti più riposti del linguaggio di Piero e di penetrarne il senso, il pensiero più intimo e geloso, di capire le ragioni che spiegano l’immobilità di quella sua arte – «l’impersonalità è il dono con cui Piero ci incanta» (Bernard Berenson) – di quelle figure, incarnazioni tutte di verità immutabili nel tempo, tasselli tutte di una fissità che procede dalla bellezza e dalla grandiosità del platonico mondo delle idee che il Quattrocento, grazie a spiriti quali Ambrogio Traversari, Basilio Bessarione, Marsilio Ficino ed altri, aveva appena riscoperto. Uno studio importante quello compiuto da Guido Ugolini sulle opere di Piero che l’autore definisce ‘politiche’ – egli infatti non prende in esame tutta l’opera del pittore biturgense, ma solo quei dipinti che, dietro una facciata, dietro un’apparenza che diresti senz’altro religiosa e devozionale, finiscono per svelarci verità diverse, talvolta anche molto crude, sulla natura dei nostri ‘signori’ rinascimentali, artefici comunque di vite avventurose condotte sempre sul filo del valore personale, vite di cui l’arte, che loro sanno bene essere strumento che vince il silenzio dei secoli, si fa portatrice e garante.