Andrea una testimonianza di “amore” allo stato puro
La scomparsa di Andrea Rossi a soli 46 anni è avvenuta lunedì 9 marzo ed ha generato un’enorme commozione a Pesaro
Pesaro
DI PAOLO DIONIGI*
Non è facile scrivere di Andrea Rossi adesso, solo pochi giorni dopo la sua scomparsa. Penso che ancora nessuno di noi abbia “realizzato” quello che è successo. In questo momento sembra tutto così “surreale” ma cercherò di raccogliere i tanti ricordi, anche se questo articolo andrebbe scritto da 80.000 mani perché Andrea conosceva (ed era conosciuto) da mezza Pesaro.
Parrocchia. Andrea comincia la sua storia in parrocchia con il “doposcuola” dove veniva aiutato da volontari a stare al passo con i compiti, ma soprattutto a socializzare e a giocare con altri ragazzini della sua età: memorabile un suo tema su “Gullit”, perché a quel tempo Andrea era un appassionato tifoso milanista. Pochi anni dopo cambierà squadra, diventando un “tranquillo” tifoso juventino, era il 1989. Da lì al suo ingresso nella “squadra dei chierichetti” del mitico Quinto Marchionni (storico sacrestano del Duomo): la sua precisione e la sua dedizione son ancora oggi portate a testimonianza per le giovani leve che servono a Messa. Nel 1994 il suo ingresso in “Cooperativa T41” e da quel momento un susseguirsi di successi “terapeutici”, in quanto Andrea si applicava alle varie attività in modo rigoroso, preciso e puntuale, accrescendo le sue autonomie e le sue competenze, supportato e sostenuto anche dalla sua famiglia in modo encomiabile.
Sport. Poi il debutto nel calcio amatoriale come dirigente accompagnatore lo ha consacrato come bandiera dalla “Offside”, squadra che milita nel campionato di seconda categoria. Andrea ha partecipato con passione sfrenata a tutta la storia di questa squadra, facendo la gavetta, dai campionati amatoriali (Csi e Uisp) fino alla promozione dalla terza alla seconda categoria, sempre sostenuto e amato in maniera folle e incondizionata da tutti gli atleti anche avversari. Memorabili le sue “sclerate” quando qualcuno degli avversari usava espressioni blasfeme. Poi l’esperienza come “atleta” dell’associazione “TipiTosti”, una realtà che si era posta come obiettivo l’integrazione sociale attraverso l’attività sportiva, partecipando a campionati dilettantisti e tornei in giro per l’Italia, nelle discipline di calcio (dove però non brillava per mobilità in campo) e di basket, dove invece, una volta individuata la sua mattonella, raramente sbagliava i tiri da due punti. Il problema era però che ogni volta che andavamo fuori Pesaro per qualche giorno a fare tornei e manifestazioni sportive si innamorava delle animatrici delle altre associazioni ed erano pianti e situazioni drammatiche ogni volta che ripartivamo per tornare a casa.
Amicizie. Intanto la sua vita al centro proseguiva con assoluta autonomia e tranquillità, sempre adeguato e perfetto nel lavoro, tranne che nelle sue abitudini alimentari. Memorabili le sue (e le mie) litigate perché lo riprendevo spesso su questo versante. Le nostre schermaglie finivano sempre con le sue minacce di far intervenire un noto esponente dell’arma dei carabinieri che giocava nell’Offside. La sua vita sociale all’esterno della cooperativa era più variegata di quella che conduce Gianluca Vacchi, frequentava molti bar, circoli, compagnie di amici, squadre di calcio nemiche giurate dell’Offside; e non erano finte amicizie: “… tanto, poverino, cosa ci vuoi fare…”. Era un rapporto profondo perché Andrea era uno di quelli che sognano tutti di avere come amico, uno che alla fine non dava peso alle cose per cui la maggior parte di noi riesce ad odiarsi. Uno a cui bastava poco per essere allegro, per divertirsi e per sentirsi soddisfatto. Uno a cui la gente offriva gratuitamente e incondizionatamente il suo tempo, cosa che magari con altre persone non faceva. L’unico difetto (o forse un pregio, scegliete voi) di questa sua vita sociale “sfrenata” è che riusciva a “scroccare l’inverosimile” destando non poca preoccupazione nei suoi familiari, sempre attenti a che Andrea non desse fastidio e che non lasciasse debiti in giro: ma ad Andrea tutti quanti gli perdonavano questo ed altro.
Cinema. Negli ultimi due anni aveva intrapreso la carriera cinematografica, il primo episodio degli “Avanzers” lo aveva consacrato come stella indiscussa del cinema, non tanto per i suoi monologhi che potevano durare dai 3 ai 4 secondi, ma per la sua forte espressività impressa sulla pellicola. Anche qui memorabili i suoi “dietro le quinte” dove ripetevamo per 12 volte la stessa scena perché aveva difficoltà a pronunciare le sue battute. Poi questo maledetto nemico nessuno lo aveva previsto, nessuno lo aveva preso in giusta considerazione, non eravamo pronti, non lo saremo mai, soprattutto quando un nostro amico se ne va senza avvisare. Ora resta la sensazione di vuoto che ci ha lasciato Andrea è una cosa che non si può spiegare, o meglio, ognuno gli dà la propria motivazione. Per quanto mi riguarda ribadisco il concetto. Non aspettiamo che un altro dei nostri amici se ne vada per volerci più bene, per litigare per una squadra o per l’altra ma poi ritrovarci davanti a una pizza e birra, per esprimere i nostri affetti, per essere sempre disponibili, accoglienti. In una sola parola “per amare”, perché Andrea è stato questo, “amore” allo stato puro!
* T41 A