Dei 10 partecipanti al campo di volontariato allo “Smiling Children Town” di Soddo, nella regione Etiope del Wolayta, solo alcuni provenivano dalle parrocchie di Pesaro. L’esperienza è stata in parte diversa rispetto a quelle conosciute e meritevoli che il prof Marco Signoretti da anni organizza presso la missione del fratello con gli studenti delle scuole superiori. È stato un privilegio conoscere le opere di Abbà Marcello ed essere chiamati a collaborare con lui.
Vacanze. Abbiamo arricchito le giornate dei circa 130 bambini/ragazzi di strada ospiti della struttura accompagnandoli durante una parte delle loro vacanze, soprattutto con una attività didattica che abbiamo cercato di rendere utile e svolta in termini leggeri, senza esami o voti, divertente e ricreativa. Abbiamo poi realizzato anche il resto delle attività proponendo giochi e forme di aggregazione, per riempire e qualificare il tempo dell’incontro che ci ha visti presenti dall’11 al 28 agosto scorso. Il viaggio si è arricchito anche di una esperienza molto forte, nuova per quasi tutti. A Sud, al confine con il Kenia, tra popolazioni primitive, in un contesto in cui anche lo scorrere della vita non ha le logiche della città ma quelle del sole che sorge e tramonta, dell’acqua pulita che non c’è, del cibo scarso, della guerra con la tribù rivale per il controllo dei beni primari e quindi dei tanti morti per la sopravvivenza che non interessano nessuno al di fuori del raggio di qualche chilometro.
È stato fondamentale prepararci prima della partenza: con Simone, Elisa, Sara, Laura, Linda, Matteo, Stefano, Melania e Marco, in vari incontri operativi, pur senza conoscere nei dettagli cosa avremmo trovato, abbiamo sviluppato e poi realizzato due corsi, uno di informatica e uno di inglese, affinando la nostra azione sul posto, una volta comprese meglio età e livelli dei ragazzi. Abbiamo inoltre preparato attività creative e giochi di gruppo, raccolto offerte tra amici, parenti e colleghi di lavoro, cercato e trovato 8 computer portatili (poi regalati), un proiettore, un paio di valigie di cancelleria e siamo partiti, pronti a tutto.
Quotidianità. A Soddo è stata full immersion immediata: assaliti dai 130 bambini, non c’è stato spazio per le presentazioni, dopo mezz’ora eravamo chi sui campi da calcio, chi su quello di pallavolo, chi ballava e chi giocava a dama, con scacchiera Etiope (disegnata su cartone) pedine Etiopi (tappi di bottiglia colorati) e regole Etiopi (e qui i primi litigi ….).
Il direttore Wendesen ha diviso i ragazzi in sottogruppi per l’assegnazione ai corsi diversi per livello. Al villaggio non esistono problemi di disciplina, regna piuttosto l’attenzione, la solidarietà reciproca, la voglia di imparare, la gratitudine e rispetto per il lavoro dei volontari. Il clima è quasi irreale per quanto sereno. La lingua non è stata un problema, la soluzione si trova sempre nell’armonia delle relazioni di una vera comunità.
In ogni momento abbiamo percepito l’agio del sentirci utili, e vissuto in pieno la felicità dell’incontro. Fratelli piccoli e grandi che non si sono scelti ma che la vita ha fatto incontrare. E allora è stato un susseguirsi di giorni pieni, intensi e per questo passati in un attimo, giorni di servizio per i bambini e i poveri che accedevano alla struttura, giorni di confronto e di incontro, così belli da dover ogni giorno inevitabilmente contare quanti ne rimanevano …. sempre meno, sempre meno …. Anche noi saremo felici di raccontare a chiunque voglia, la meraviglia dello “Smiling Children Town”.
LUIGI GABRIELLI
Incontrare per cambiare
Un viaggio in terra di missione ha certamente un suo fascino, e sollecita tutti i tuoi sensi. Ti può dare tanto, in particolare se parti alla scoperta non solo di luoghi o per avventura, ma se sei disponibile ad abbandonarti alla bellezza di relazioni umane semplici, dirette, che pulsano nelle vicende di lotta quotidiana di chi prova a vivere meglio, o semplicemente a sopravvivere. Perché ogni incontro cambia la nostra vita, ma non sempre ci trasforma in “umani” migliori.
Il classico “vado per fare esperienza” non può esaurire la motivazione che ti spinge ad un viaggio così speciale. E non parlo di aspetti materiali: a Soddo c’è la “Casa dei Volontari”, dove non manca nulla e, anche quando ci siamo allontanati verso sud, arrivando a Omorate dopo 13 ore di jeep, avevamo i nostri accompagnatori/autisti e usufruivamo di tutto ciò che era precluso ai poveri che incontravamo.
La cosa più difficile è, sorprendentemente, tornare, quando ti interroghi oltre l’esperienza che racconti agli altri, quando rivedi i tuoi modi di pensare e di agire alla luce di esperienze così travolgenti e inusuali. E allora conta la resistenza che opponi alla voglia di diventare un “umano” migliore. E questa è una lotta spesso drammatica, ma è la bellezza della libertà che hai di realizzare sempre qualcosa “di più”.
Nel crescere come uomo o come donna non puoi continuare a nuotare nelle emozioni cui non consegue nulla. Figurati qui al centro dove i bambini ti travolgono con la loro allegria contagiosa, oppure fuori dove spesso li vedi in un contesto di povertà inaccettabile, o come a Omorate, denutriti e con la pancia gonfia. Se vuoi veramente avere un ruolo in questa storia, allora non puoi non ispirarti a chi si è messo in gioco per loro e per tutti i poveri che incontrano in questi contesti.
Abbà Marcello non si è affidato alla provvidenza “tanto per dire”, non ascolta il prossimo perché sta nel suo ruolo. L’abbraccio o la pacca sulla spalla a chi gli chiede aiuto per mettere un tetto di lamiera sulla casa non è “tanto per fare”. Lui incontra senza condizioni, si lascia coinvolgere e non dimentica, ne la gente si dimentica di lui. I missionari di Omorate, Padre Abra Goesh e Johannes Gugala, vanno ad alleviare le sofferenze di Gesù Cristo anche quaggiù, rischiando di brutto ogni giorno, consapevolmente, con una fede immensa e predicando pace e perdono.
Non è facile mettersi per l’ennesima volta di fronte alle risposte date da “questi uomini di Dio” al povero che chiama. Mi chiedo poi perché ho bisogno di questa evidenza del bisogno materiale e dell’incontro del missionario (quello che vive lontano). Non certo per scoprire che esistono i poveri o che esistono degli uomini Santi. Anche a Pesaro ci sono già opere, uomini e donne che parlano al nostro cuore, e da molto vicino.
Allora perché sono andato e continuo ad andare? Per farmi cambiare dall’originalità positiva della cultura ed esperienza altrui. Umanamente non ho l’ambizione di realizzare delle meraviglie ma almeno di meravigliarmi per essere riuscito a fare qualcosa di più, mettendolo sempre nelle mani di Dio. Senza disponibilità a cambiare, meglio rimanere a casa.
Ad Addis Abeba, nel parcheggio dell’aeroporto, esclusivamente preoccupato di riprendere il controllo delle valigie, essendoci qualche soggetto sospetto nei paraggi, sento una voce: “Ciao Luigi, sono proprio contento di averti conosciuto ……”. Grazie, Abbà Marcello per avermi voluto bene per quello che sono, spero di ritornare ad imparare ancora qualcosa.
LUIGI GABRIELLI