I primi telefoni cellulari, non molti anni fa, erano sì piccoli ma permettevano solo di fare le telefonate. Ma il Progresso (la maiuscola è d’obbligo) corre con gambe da gigante e quei primitivi aggeggi si misero a fare cose inconcepibili prima: fotografie, e-mail, contatti con internet, accesso a tutti gli elettrodomestici in casa e telecamere dell’impianto di allarme. So di aver trascurato alcune funzioni ma tecnologicamente son un po’ primitivo. Naturalmente il prezzo aumenta in proporzione con le funzioni e questo è tollerabile; quello che non posso sopportare è l’obsolescenza programmata, cioè il diabolico marchingegno si guasta nel giro di due o tre anni. Chiedete a qualsiasi giovanotto della generazione digitale e vi dirà che in lasso di tempo breve l’oggetto scade come le uova. Anzi forse, se non è scritto sulla confezione, non saprà dire se le uova scadono. E pensare che io avevo acquistato un cellulare solo per chiamare a casa e dire: “Butta la pasta che sono per strada. La stessa obsolescenza colpisce gli elettrodomestici, le automobili ed i ponti sull’autostrada.
Gli oggetti sono progettati per rompersi e costringere il cliente a sborsare altri soldi per un nuovo acquisto. La Nonna, buon’anima, mi raccontava che dopo tanti anni era ancora arrabbiata con i genitori che nel consegnarle il baule con il corredo nuziale le avevano rifilato un cassettone usato dalla sua bisnonna, mentre lei ne avrebbe desiderato uno nuovo. Adesso il cassettone fa bella mostra di sé in salotto, imposto da un arredatore che me lo ha magnificato come mobile rustico di fine settecento. Probabilmente le sorelle della nonna che avevano ricevuto un mobile nuovo lo hanno già da molto tempo usato nel camino come legna da ardere. Colpa mia che non butto nulla e rispetto quello che è stato costruito con amore e fatica.