Ponti o muri? La storia avrebbe dovuto, seppure troppo tardi, fare la sua scelta. La Muraglia Cinese si perde nella lontananza dei tempi, così anche Babilonia, Gerusalemme, quelle più vicine a noi degli Etruschi e dell’Impero Romano, quelle dei borghi e delle nostre città feudali o quelle più prossime e nefaste della Linea Maginot e del Muro di Berlino, esiti della seconda guerra mondiale. Assenti ormai dall’attualità politica, rientrano nell’attualità culturale come reperti preziosi di musei a cielo aperto. Mantengono il loro fascino e la loro potenza espressiva spesso cancellata dalla compiacenza di un estetismo retorico. Attualmente difficili da superare e da attraversare sono quelli naturali: il mare Mediterraneo che esige venti vittime in media al giorno, il deserto del Sahara, la steppa dei Kirghisi e gli Oceani, poi quelli delle armi e delle guerre circoscritte.
Ve ne sono altri meno visibili, socialmente strutturati (culturali, economici, religiosi…) apparentemente di vario tipo, per cui le differenze diventano divisioni e opposizioni. Rientrano potentemente nel costume e nel modo di vivere della gente, sono intrinseci, quasi la radice esistenziale di tutte le altre forme di muraglia, per cui possono erigersi anche all’interno di una comunità familiare. Tutti sanno la lunga e recente storia di ciò che, da diversi anni, sta succedendo dalle coste del Nord Africa alle coste del continente Europeo. Lampedusa è testimone simbolo di una ecatombe consumata sulle acque del Mediterraneo. Spesso ci troviamo a piangere le vittime, ma nessuno che abbia il coraggio di cambiare le cose. Ci vuole un segnale forte in modo che i governi decidano di affrontare il tema dell’immigrazione, disponibili al confronto con ciò che emerge dall’iniziativa della società civile. Il segnale c’è, forte ma anche piccolo perché esposto alle difficoltà degli inizi. Il governo italiano, la Chiesa che è in Italia (CEI), la comunità di Sant’Egidio hanno firmato un protocollo d’intesa, già sperimentato da quest’ultima con le Chiese Ecumeniche italiane e la Tavola Valdese. Tanto per cominciare, si stanno realizzando corridoi umanitari per 500 profughi provenienti da Paesi del Corno d’Africa. Secondo il protocollo, l’accoglienza non si limita al viaggio effettuato in condizione di sicurezza, una volta smistati in piccoli nuclei sul territorio, continua con la scuola per i bambini, corsi di lingua e avviamento al lavoro per gli adulti. Vengono coinvolte in questa nuova sensibilità le Chiese di Francia, Germania, Polonia e anche la politica dell’Unione Europea. A fronte di tutto questo c’è qualcuno oggi, in nome di una modernità vecchia, che minaccia muri lunghi più di mille chilometri per separare la ricchezza dalla miseria.
Raffaele Mazzoli