Interessato ai problemi della comunicazione e lettore attento del nostro settimanale, osserva che gli editoriali cedono troppo al pessimismo “proprio quando Papa Francesco apre le porte al dialogo e alla speranza”. Ma, ove si tratta di leggere la cultura dominante che attraversa i sentieri di casa nostra, più che pessimisti si è realisti. Credo che non sia difficile riscontrare un agnosticismo su “le cose di lassù”: sta invadendo la coscienza di molti, anche dei meno acculturati e dei cristiani della domenica. È tutto dire. L’altro fenomeno, anch’esso culturale, è la secolarizzazione che sta spegnendo nelle coscienze e nella società il senso religioso. Conseguentemente la religione si sente sempre più estranea e l’azione pastorale sempre più difficile e la “missio ad gentes” un’impresa. Quell’invito di Papa Francesco ai popoli della Palestina “guardare avanti e dialogare” vale per tutte le stagioni, due verbi chiave del vocabolario sociale e pastorale. Non valgono solo per la pace in Palestina (tra palestinesi e israeliani e il rapporto tra le varie professioni religiose), ma anche per il nostro Paese. Esse sottendono pienamente la distanza che c’è tra Chiesa e mondo occidentale.
Infatti per appartenenza religiosa, per tendenze che si stanno profilando o consolidate, per cultura ed etnia si rivela pluralistico: forme di civiltà si intrecciano, ‘ismi’ che le compongono si moltiplicano. Nonostante c’è chi parla di “pensiero unico”, che se dovesse realizzarsi come ideologia politica sarebbe la fine della democrazia.
Meglio dire “pensiero debole” esposto a tutti i venti. Non bisogna dimenticare che spirano correnti, scuole di pensiero, istituzioni importanti, ma sopra tutti c’è l’uomo le cui risorse sono sorprendenti. L’aria di una mitologia dei beni terreni, che nell’immaginario collettivo diventano idoli, si traduce, pari pari, in uno schietto e moderno politeismo come ammoniva lo scrittore inglese Chesterton: “Togliere Dio avrebbe significato risvegliare gli idoli”. Il passo verso l’ateismo, quanto meno nella superstizione, è breve come altrettanto breve è il modo di vivere, di sentire e di fare. Di fronte a un costume, che tende a farsi globale e che sta diffondendosi anche nel nostro Paese, sia in alto che in basso, la Chiesa italiana cerca vie nuove di evangelizzazione. I due verbi di papa Francesco, anche qui, diventano sempre più attuali. “Guardare in alto e dialogare” per riscoprire i motivi della speranza che il culto dei beni terreni cerca di rubare.
Raffaele Mazzoli