PRIMO INCONTRO INDETTO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
Sono le parole di Sua Santità
Benedetto XVI, al primo incontro
indetto dal Pontificio
Consiglio per la promozione della
nuova evangelizzazione, svoltosi a
Roma lo scorso 15/16 ottobre.
L’uomo contemporaneo è spesso
disorientato e non riesce a dare risposta
ai tanti interrogativi sul senso
della propria vita. “L’uomo non
può eludere queste domande che
toccano il significato di sé e della
realtà, non può vivere in ima sola
dimensione!” dice il Pontefice. Rivolgendosi
ai nuovi evangelizzatori,
il Papa fa riferimento al versetto
dell’evangelista Luca: “la parola di
Dio cresceva e si diffondeva” (At
6,7; 12,24). Ciò avviene oggi come
allora attraverso la trasmissione fedele,
la celebrazione dei sacramenti,
la testimonianza. La parola di Dio si
moltiplica e si estende perché è Dio
che agisce, umile e potente.
Il seme della parola cade, anche
oggi, nel terreno buono e dà frutto.
Il nuovo evangelizzatore fa parte
di questo terreno. La trasmissione
fedele della parola richiede intimità
con il Signore nella preghiera ed
invocazione allo Spirito Santo per
avere luce e sostegno lungo la Via
che conduce alla Meta. Su questa
Via non si cammina mai soli ma in
compagnia, in comunione e fraternità
per rendere gli altri partecipi
dell’esperienza di Cristo e della sua
Chiesa. “Il mondo di oggi ha bisogno
di persone che parlino a Dio
per poter parlare di Dio, bisogna
ricordare che Gesù non ha redento
il mondo con belle parole o mezzi
vistosi ma con la Sua sofferenza e la
Sua morte”, dice il Papa.
Essere evangelizzatore, figura di
aiuto alla Chiesa nella sua missione,
non è un privilegio ma un impegno
che proviene dalla fede. Vi chiedo
“di lasciarvi plasmare dalla grazia di
Dio e di corrispondere docilmente
all’azione dello spirito del Risorto.
La Vergine Maria con la sua adesione
al progetto di Dio, sia la vostra
guida; imparate dalla Madre del
Signore e Madre nostra ad essere
umili e al tempo stesso coraggiosi;
semplici e prudenti, miti e forti,
non con la forza del mondo ma con
quella della verità”.
L’astrofisico Marco Bersanelli inizia
così la sua relazione su “Scienza e
Fede: un dialogo fecondo”. Da quella
luce, rilasciata nel primo momento,
ci è permesso di ricostruire l’universo
appena nato. L’uomo coglie
fin dall’antichità la sproporzione tra
lui e l’immensità del cosmo. “Che
cosa è
l’uomo perché te ne ricordi? …..
eppure l’hai fatto poco meno degli
angeli…” (Salmo 8).
Questo è il paradosso della natura
umana amplificato dalla scienza
moderna. Le leggi matematiche, la
fisica classica, la meccanica quantistica
gli permettono di cogliere il
mondo, ai limiti. Ma ciononostante
ogni scoperta giunge come un regalo,
che non comprendiamo né che
abbiamo ottenuto per merito. La
matematica è una creazione della
nostra intelligenza, ma c’è un’unica
intelligenza originaria che ha fornito
“gli strumenti” per capire. Tutto
viene da Lui, tutto è stato creato,
anche le leggi di natura invisibili
che hanno permesso di raggiungere
“l’Io”, che ha sede nell’universo. L’io
di ciascuno è un punto vertiginoso
in cui l’universo diventa cosciente:
l’uomo è l’autocoscienza del cosmo.
Nel lasciare la Basilica di San Pietro,
dopo aver partecipato alla Messa
solenne, risuonano ancora dentro
di noi, Cellule di evangelizzazione,
le parole del Pontefice: “Come si
ridà a Cesare la moneta, così si ridà
a Dio l’anima illuminata e impressa
dalla luce del suo volto Cristo infatti
abita nell’uomo interiore” (Ivi,
Salmo 4,8).
Giuliana De Marchi