“Padri non si nasce, lo si diventa, non solo mettendo al mondo un figlio, ma tutte le volte che si assume la responsabilità della vita di altri”. Queste le parole del Vescovo Armando nell’omelia venerdì 19 marzo, Festa di San Giuseppe, della Santa Messa celebrata nel Santuario di Spicello proprio dedicato al Santo.
Tenerezza. “Nelle nostre società, ha affermato il Papa, i figli sembrano spesso orfani di padre. Sì, siamo disorientati. Non abbiamo più un’idea chiara sulla paternità, sul come esercitare il ruolo di padre. Prima della crisi della paternità il padre era una figura autoritaria, “eroica”, legata ad un concetto di mascolinità talvolta “ingombrante”; un archetipo spazzato via dal ’68. Ed oggi il Pontefice risponde a questo vuoto offrendo un modello controcorrente: nella società dell’apparire propone un modello fatto di nascondimento, accoglienza, sostegno, incoraggiamento e tenerezza. Non forza esibita, muscolare, ma la categoria – inedita e quasi sconosciuta alla società di oggi, ma molto cara al Papa – della tenerezza. Sì, ma è una tenerezza che si sposa con una profonda forza interiore. Del resto, per il Papa, solo chi è realmente forte sa essere veramente tenero. Certo. La vera forza non ha bisogno di autoritarismo, sa essere al tempo stesso tenera e autorevole. Con questa lettera il Papa ci offre la bussola che abbiamo perduto con la disgregazione del modello di paternità. Una bussola per orientarci nella palude in cui siamo impantanati da più di cinquant’anni, attraverso il paradigma costituito da un mix straordinario di forza e tenerezza”.
Padri. “Paradossalmente – ha affermato il Vescovo – anche se oggi la nascita del primo figlio è rinviata molto in avanti negli anni – per le donne l’età media è 34 anni, per gli uomini anche più tardi – la transizione dei giovani adulti al ruolo genitoriale rimane faticosa. Il Papa lancia un’altra provocazione dicendo che il mondo ha bisogno di padri, non di padroni. Perché l’amore autentico è legato alla capacità di donarsi, non alla smania di possesso; la sua è una logica di libertà. La figura del padre “padrone” apparteneva all’archetipo pre’68; la paternità di San Giuseppe rinvia invece ad una paternità altra e alta: la paternità di Dio che ama ma lascia liberi. Tuttavia, oltre che di padre, San Giuseppe è anche un potente modello maschile per la società di oggi: non cerca i riflettori, non ha bisogno di salire sul palcoscenico ma è grandissimo nella sua operosità silenziosa e nella sua rispettosa delicatezza verso Maria. E’ questo il miglior antidoto al maschilismo e al narcisismo diffuso di chi tenta di prevaricare la donna per auto affermarsi. A proposito di Maria si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”.
San Giuseppe. Proseguendo sulla figura di San Giuseppe, il Vescovo ne ha messo in evidenza alcuni tratti. “Certo per un credente il richiamo all’umile falegname di Nazareth, luminosamente tratteggiato nei Vangeli di Matteo e Luca, assume un significato speciale. L’esistenza oscura di quest’uomo ordinario colpito da una verità trascendente, pronto a mettere da parte la propria umana incertezza per ascoltare in sogno la voce degli angeli ubbidendo senza indugio ai loro comandi, rappresenta la radice stessa della fede”.