Dopo il vuoto doloroso la gioia per i nuovi parroci
Montecchio e Cristo Re hanno vissuto l’ingresso di Don Marco Di Giorgio e don Martin Kuttianickal nel ricordo di don Orlando Bartolucci e don Giuseppe Scarpetti scomparsi nei mesi del lockdown
Pesaro
DI PAOLA CAMPANINI
Due parrocchie “storiche” – Santa Maria Assunta in Montecchio e Cristo Re – sono rimaste inaspettatamente e quasi contemporaneamente “orfane” dei loro amati e stimati parroci: don Orlando Bartolucci, alla guida della prima per 36 anni, parroco per la gente e tra la gente, il quale con la sua passione per il Signore, il suo entusiasmo e la sua creatività, era riuscito a far fiorire nella comunità di Montecchio tanta vita e tante nuove esperienze; don Giuseppe Scarpetti, che pur essendo succeduto da soli cinque mesi all’“emerito” parroco don Giovanni Paolini, aveva già saputo conquistare il cuore dei parrocchiani, tanto da lasciare in loro un grande vuoto.
Affetto. Due dolorosi decessi. Eppure le due comunità, benché legate ancora affettivamente e spiritualmente ai precedenti pastori, hanno dato prova di grande disponibilità ad accogliere il nuovo che veniva loro incontro, riservando un saluto caloroso, gioioso e festoso ai rispettivi parroci che sabato 5 e domenica 6 settembre ne hanno preso possesso: don Marco Di Giorgio e don Martin Kuttianickal. L’uno, sacerdote molto conosciuto in città, anche per i numerosi incarichi da lui ricoperti. L’altro, un indiano trentottenne, proveniente dalla diocesi di Palais ma formatosi in Italia, il quale, durante il servizio finora prestato nelle parrocchie dell’Unità Pastorale del Centro, ha mostrato, come ha detto S.E. Mons. Piero Coccia, un carattere mite e doti di precisione e grande apertura. I nuovi parroci hanno espresso sentimenti simili di gratitudine per la fiducia riposta in loro dall’Arcivescovo, di forte emozione per la responsabilità che li attende e anche di tremore per la coscienza dei limiti inevitabili che li condizioneranno.
Parole. Ma, ha detto don Marco citando Santa Teresa di Calcutta, ognuno di noi è “una matita” con cui Dio traccia, come un artista, splendidi disegni, anche quando non ce ne accorgiamo. Confidando in questo, si è detto sicuro che “la comunità parrocchiale, ricchissima di persone generose e impegnate, mettendosi in ascolto dello Spirito insieme al suo pastore, farà fiorire ancora di più Montecchio in senso religioso, civile e sociale”. Forte della stessa fede, Don Martin si è detto “felice di essere prete per la comunità e con la comunità, per testimoniare il vangelo dell’amore, del perdono e della misericordia” e si è augurato “di bere con ciascun parrocchiano almeno tre caffè: uno da straniero, uno da amico, uno da persona di famiglia”.
Arcivescovo. L’Arcivescovo, dopo aver ribadito che i cambiamenti, costringendo a confrontarsi con il nuovo e a rimettersi in discussione, sono sempre un’occasione di crescita nella fede e in umanità, ha ricordato, commentando la liturgia del giorno, che un buon parroco deve essere una “sentinella”, responsabile della salvezza di tutti, chiamato alla fermezza nella correzione fraterna, ma insieme all’amore e al rispetto per la dignità di ciascuno. Il parroco, inoltre, deve corresponsabilizzare la comunità, perché è lì, dove “due o tre si riuniscono nel nome di Gesù” che Lui è presente.