“Carissimi ragazze e ragazzi, carissimi giovani studenti, carissimi insegnanti e professori, questa separazione, causata dagli eventi imprevedibili cui stiamo assistendo, può trasformarsi in una valida occasione per comprendere quanto importanti e fondamentali siano per la nostra vita i rapporti umani, le strette di mano, gli abbracci sinceri, quelli fisici, non virtuali, e in particolare per la vostra esperienza quale sia anche il vero senso di parole come “scuola” e “studio””. Inizia così la lettera aperta che il Vescovo Armando, in questo particolare momento storico, ha voluto scrivere agli insegnanti e agli studenti, un segno di vicinanza e di gratitudine per l’impegno con cui stanno portando avanti il proprio lavoro ognuno nel suo settore.
Solitudine. “Vi invito – prosegue la lettera – a servirvi della solitudine che state provando come momento per poter riflettere su voi stessi e sull’importanza della scuola come luogo di formazione, scambio di idee e non ultimo di aggregazione sociale. Adesso più che mai è richiesto il vostro contributo, siete chiamati ad organizzare le vostre giornate e dipende da voi quello che potete imparare, ed immaginare un futuro, un orizzonte verso cui dirigersi con fiducia e pazienza. Sostenuti dai genitori e dai docenti, imparerete così a vivere un tipo diverso di scuola e non solo. Ad essere di maggiore aiuto fra voi. Ad usare internet non soltanto per ‘chattare’ ma anche per studiare e conoscere. Imparerete ad “adottare un nonno”, per andare a fargli la spesa. Imparerete anche a raccogliere fondi per gli ospedali. Imparerete, in qualche caso, ad insegnare ai vostri insegnanti come utilizzare al meglio le nuove tecnologie. Imparerete pure, la prossimità di persone adulte che camminano insieme a voi, e ad avere paura, senza però essere terrorizzati o rassegnati. La paura accende le difese naturali e va gestita. Il terrore paralizza e va sconfitto. Per questo chiedete e donate ascolto e parola”.
Insegnanti. Un pensiero, poi, agli insegnanti chiamati, oggi, a cambiare “gli attrezzi del mestiere”.
E a voi educatori, insegnanti, professori. Quali caratteristiche, quali ‘prerequisiti’ sono richiesti, oggi ad un buon maestro, chiamato a cambiare “gli attrezzi del mestiere” insieme ai criteri di valutazione, ma non la competenza e la professionalità? L’ottimismo, perché sa leggere sempre qualcosa di buono e nel cuore di tutti. La lungimiranza, perché vede esiti positivi anche là dove altri vedono solo limiti. La capacità di lavorare insieme con altri educatori, perché si mette in gioco e lo fa insieme ad altri, consapevole che si educa solo insieme, “come un padre e una madre”. La speranza che è la virtù dell’oggi, ma lanciata nel domani diventando capacità di saper spargere la semente e scoprire germogli di vita. Oggi siete chiamati a rafforzare, condividere, portare insieme il compito di sentinella. E la sentinella ha bisogno di vigilare, risvegliare, intravvedere. Il mondo adulto – conclude il Vescovo – dovrebbe essere così lungimirante da saper intravvedere l’obiettivo nella fatica del presente, lo spiraglio di luce nel buio della notte. Per cogliere quanta strada resta ancora da fare per giungere alla meta dovremmo cioè saper incoraggiare, sostenere, accompagnare nella durezza del cammino. La scuola è un bene prezioso per edificare il bene comune, che va riaperta perché è un luogo dove crescono e si formano donne e uomini nella dimensione umana, sociale e del sapere; rappresenta il cuore di un sistema che merita priorità e le più accurate attenzioni”.