“La nostra comunità, alle soglie dei 50 anni, è matura, ma al tempo stesso desiderosa di ringiovanirsi e di crescere. Senza rinnegare il passato, senza fretta, insieme. È una parrocchia per la quale tante persone hanno speso buona parte della loro vita: donne, uomini, giovani ed ex giovani, che si sono nutriti della Parola di Dio, della preghiera e della solidarietà e che oggi vogliono continuare il loro servizio e la loro ricerca interiore insieme ad un nuovo pastore”. Con parole che hanno sottolineato l’indubbio valore dell’esperienza passata e nello stesso tempo hanno espresso apertura e fiducia verso il futuro, venerdì 1° novembre i parrocchiani di Cristo Risorto hanno accolto il nuovo parroco don Michele Cojan, sacerdote rumeno di 37 anni, affidato dalla diocesi di Jasi a quella di Pesaro come fidei donum.
Servizio. Era ancora viva l’emozione con cui avevano salutato, i giorni precedenti, don Adelio, che “per tanti anni ha lavorato in questa parrocchia – come ha affermato S.E Piero Coccia – con molta generosità e producendo frutti evidenti”. Ma era forte anche il sentimento di gratitudine verso il Signore, innanzitutto, per il dono di un nuovo parroco con il quale continuare il cammino di fede; e poi verso don Michele, che, sentendo come rivolte a lui personalmente le parole di Gesù “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” ha lasciato ogni cosa per rispondere alla richiesta di aiuto del nostro arcivescovo. “Perché, se non siamo servi – ha detto – che cosa siamo?”.
“Per don Michele questa è la prima esperienza di parroco – ha precisato mons. Coccia – ed è quindi inevitabile che senta un po’ di trepidazione. Ma gli saranno certamente di aiuto non solo l’esperienza di sacerdote vissuta qui a Pesaro e nella sua diocesi di origine, ma anche l’affetto e la collaborazione di tutti. Del resto fare di una comunità parrocchiale una grande e bella famiglia è compito di ognuno di noi”.
Santità. Una comunità è chiamata alla santità, ha detto poi l’Arcivescovo riferendosi alla liturgia del giorno, la Solennità di tutti i Santi. La santità è per tutti, ma solo se si parte dalla coscienza che tutti siamo incapaci di santità, incapaci di compiere anche un solo gesto perfetto. Solo il Signore Gesù è il Santo, come ricorda papa Francesco nella Esortazione apostolica “Gaudete et exultate” sulla chiamata alla Santità nel mondo contemporaneo. La festa di tutti i Santi, perciò, è la festa di tutti gli uomini che, coscienti della loro incompiutezza, si rivolgono al Signore perché doni loro quella pienezza di cui non sono capaci. È per questo forse che tale Festa oggi sembra tanto lontana: perché siamo in una stagione dominata dall’io e dall’illusione di avere la perfezione a portata di mano.
PAOLA CAMPANINI