Questa parabola ci mette di fronte ad immagini legate alla cultura ebraica. Il Signore vuole mettere in evidenza la cecità del ricco di fronte ai bisogni del povero Lazzaro, ovvero invita a rifuggire l’indifferenza verso coloro che ci stanno accanto e che spesso non vediamo, nemmeno se sono sulla nostra porta. Ci troviamo davanti a due personaggi dai destini incrociati: un ricco che Gesù non degna neanche di un nome, perché la sua storia, i suoi progetti e le sue relazioni si identificano con la propria ricchezza, mentre il povero invece, ha il nome dell’amico di Betania. La sua è una storia offuscata dal piacere, non vede colui che gli sta accanto, non lo calcola, non gli dà alcun valore. La nostra generazione è piena di persone schiave delle comodità che le vengono offerte, mentre la vita non è per nulla semplice: tante volte è dolorosa e fare qualcosa di buono costa. Siamo persone in balia del telecomando e così diventiamo ciechi e sordi. I beni che possediamo, se non facciamo attenzione, possono essere la nostra trappola. Quel che conta è dove vogliamo indirizzare la nostra vita. Un viaggio molto comodo che porta alla distruzione è una tragedia, mentre un viaggio anche se molto duro, ma che conduce alla meta, è fantastico. La differenza fra i due balza agli occhi anche dal guardaroba: porpora e lino finissimo il primo, panni lerci e cenciosi il secondo. “Il povero morì e fu portato nel seno di Abramo…Il ricco nell’inferno. Ora la situazione si è capovolta: Lazzaro si trova in un luogo di consolazione e beatitudine, il ricco nei tormenti. «Il brano del Vangelo», ha detto padre Luca Gabrielli, «evidenzia che perfino i cani hanno avuto più compassione di Lazzaro, leccando le sue ferite, che il ricco epulone tutto intento a curare i suoi beni. Non ha un’identità, ma viene riconosciuto per i beni che possiede. La ricchezza genera indifferenza verso l’altro». E ancora: «La ricchezza, se diventa il nostro idolo rovina la nostra anima, rendendola insensibile ai bisogni altrui. Pertanto il povero che vive accanto a noi, non è un problema da allontanare, ma un’occasione per amarlo. E allora quel povero sarà il nostro lasciapassare che ci permetterà di entrare in Paradiso», ha concluso il parroco.
GIUSEPPE MAGNANELLI