«Mi piacerebbe che una volta si desse il premio Nobel agli anziani che danno memoria all’umanità e testimoniano che ogni stagione dell’esistenza è un dono di Dio». Queste parole di Papa Francesco sono risuonate nei giorni scorsi a Pesaro che ha idealmente assegnato il Nobel della solidarietà ad Aldina Rombaldoni, vedova Berardi, deceduta all’età di 104 anni. Per molti era semplicemente la “maestra”, avendo insegnato «per 45 anni senza mai un giorno di assenza», come amava ricordare. All’apertura del suo testamento l’intera città ha ricevuto la sua ultima lezione di vita: «la fede è un gran dono che mi ha sempre accompagnato – scrive Aldina – ed ora voglio lasciare questo mondo povera e prepararmi ad entrare nella nuova vita». E così, dopo aver pensato ai suoi familiari, tutti i suoi risparmi (700mila euro e la casa) sono andati in beneficenza, secondo precise indicazioni scritte a mano ma con l’inchiostro del cuore.
Beneficiari. «Ha deciso di devolvere i suoi beni – spiega l’avvocato Giorgio Paolucci, esecutore testamentario – avendo piena conoscenza diretta dei beneficiari e degli obiettivi che si era prefissata». Scorrendo la lunga lista di nomi ci si accorge del suo grande amore per i poveri e per la Chiesa, a cominciare dal Papa al quale ha lasciato 10mila per la casa di Santa Marta, in suffragio di suo fratello Francesco morto nel 1936 in Argentina e che tanto le ricordava Bergoglio. E poi 100mila euro alla Caritas diocesana di Pesaro, 50mila euro alla Caritas di Urbania, 50mila euro alla sua parrocchia di S. Giuseppe, 48mila euro all’Opera missionaria vocazioni di Roma per “adottare” 14 seminaristi fino al sacerdozio, ciascuno dei quali con l’impegno di pregare come “angeli custodi” per i suoi 14 pronipoti ancora minorenni. Ed ancora 20mila al giornale diocesano Il Nuovo Amico, con l’impegno di devolverne la metà a studenti meritevoli tramite l’assegnazione di borse di studio. Altre cifre ragguardevoli le ha riservate al missionario pesarese padre Antonio Campanini per la sua missione in Mozambico, al duomo di Urbania per la causa di canonizzazione del Beato don Bartolomei, alla Fondazione don Gaudiano, alla casa di risposo di Urbania, all’asilo di Borgo Pantano, al monastero delle Benedettine di Urbania, all’Istituto dei ciechi di Osimo, a suor Francesca Leonardi, all’Abio bambini in ospedale, alla ricerca sull’Alzheimer (malattia che aveva colpito l’amato marito Giuseppe) e ed altre numerose associazioni benemerite. Infine i mobili, i ricordi di famiglia, le stoviglie etc ai terremotati.
Casa. «Lascio la mia casa in via Giansanti al Centro di aiuto alla vita per aiutare le donne in gravidanza ed i loro bambini. In questo mondo siamo tutti solo affittuari e portiamo con noi solo le opere buone e la carità che raccomando anche a voi. Ringrazio e prego per tutti coloro che mi hanno voluto bene e mi hanno assistito e curato con amore e pazienza. Perdono tutti e vi chiedo di ricordarmi nel fare il bene».
Il prossimo 15 gennaio 2020 – annuncia l’esecutore testamentario Paolucci – insieme ai beneficiari stiamo pensando ad un evento pubblico per ricordare la maestra nel primo anniversario della morte.
ROBERTO MAZZOLI
Esempio di santità della porta accanto
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare (visto il cospicuo lascito testamentario), la maestra Aldina non ha mai vissuto nella ricchezza ed i suoi beni sono il frutto di una lunga vita di lavoro, di sacrifici e di alcuni beni ricevuti alla morte del marito. Piuttosto aveva conosciuto la povertà sin dalla sua nascita avvenuta ad Urbania il 19 febbraio 1915. Erano gli anni drammatici della prima guerra mondiale e lei, ultima di otto figli, era riuscita a diplomarsi solo grazie al suo grande interesse per lo studio. «La mia prima alunna fu la mia mamma analfabeta – ricordava sempre con affetto – che con grandi sacrifici ha cercato in ogni modo di sostenere il mio sogno di diventare maestra».
Nel 1935 Aldina riceve il suo primo incarico a Urbania, poi la scuola “Carducci” a Pesaro. Nel 1940 la povertà si trasforma in miseria con l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Ma c’è spazio anche per la gioia del matrimonio con Giuseppe Berardi: una profonda storia d’amore lunga 70 anni. «Anche se non ho avuto figli – diceva la maestra Aldina – mi sono sempre sentita come la seconda mamma di tutti i miei scolari». E infatti dall’anno della sua pensione (1980) la sua abitazione diventa una specie di casa degli ex studenti che fino ai suoi ultimi giorni di vita le rimangono sempre vicini. Memorabili le feste di compleanno quando, per il 19 febbraio, giungevano da ogni parte d’Italia i suoi “vecchi” alunni, alcuni dei quali ormai nonni. Un appuntamento che nessuno voleva perdersi e dove la maestra Aldina sfoggiava la sua inossidabile memoria, con aneddoti e curiosità riguardanti gli anni di scuola. Chi la conosceva bene non è rimasto stupito dalla tanta generosità del suo testamento. Già in vita la maestra Aldina si è sempre impegnata in prima persona per aiutare i più bisognosi con particolare attenzione verso i bambini. Una sua ex alunna ricorda quando la maestra le aprì un libretto postale di 500 Lire per aiutarla a studiare, visto che sapeva delle sue difficoltà economiche. Un gesto che quella bambina non dimenticherà e che la spingerà a scegliere a sua volta la strada dell’insegnamento.
«Ora i miei compagni di viaggio sono i ricordi – scrive nel testamento Aldina – e la corona del rosario che accompagnano le mie giornate senza angoscia ed anche il ricordo dei miei scolari e famiglie. Grazie Signore!». Ciao Aldina, esempio di santità della porta accanto.
RO.MA.