Non potendo qui dar conto del dettagliato studio realizzato da ACS ci limitiamo ad offrire un breve ma significativo primo piano su alcuni dei Paesi presi in considerazione. In Iraq e Siria, nonostante la perdita di terreno da parte dello Stato Islamico, l’impatto del genocidio messo in atto dai jihadisti si è mostrato in tutta la sua drammaticità durante il periodo in esame. I cristiani in Iraq erano 1,5 milioni prima del 2003, mentre nell’estate del 2019 il loro numero era «nettamente inferiore» a 150.000. Ciò significa che, nel giro di una generazione, la popolazione cristiana irachena si è ridotta di oltre il 90%. In Siria invece a metà 2017, i cristiani erano stimati in meno di 500.000, ovvero meno di un terzo degli 1,5 milioni presenti nel Paese prima dell’inizio del conflitto nel 2011. Oltre alla paura di ulteriori ondate di violenza terroristica, i cristiani rimasti si trovano a dover affrontare nuove difficoltà. Nella Piana di Ninive dove, anche grazie all’aiuto di ACS, è rientrato il 46% delle famiglie cristiane che vi abitavano nel 2014, la minaccia è ora rappresentata dei gruppi di miliziani sciiti shabak, che eserciterebbero continue pressioni sui cristiani per costringerli ad abbandonare l’area. In Siria ISIS ha rivendicato ulteriori attacchi, tra cui l’esplosione di una bomba all’esterno di una chiesa di Qamishli avvenuta nel luglio 2019, mentre nella regione nordorientale del Paese le Chiese locali hanno denunciato un tentativo di “curdizzazione” che implica la cancellazione della presenza cristiana e include provvedimenti quali la chiusura di alcune scuole cristiane da parte della Federazione democratica della Siria del Nord. A ciò si aggiunge la drammatica situazione nel governatorato di Idlib, dove è in vigore la sharia ed i cristiani subiscono furti e abusi. In Iran è ancora in carcere il pastore Youcef Nadarkhani, già condannato a morte nel 2009 per apostasia e poi assolto a seguito della pressione internazionale. Nadarkhani è stato nuovamente arrestato nel luglio 2018, con l’accusa di «crimini contro la sicurezza nazionale», per aver partecipato ad una riunione religiosa. 142 cristiani sono stati arrestati tra il novembre e il dicembre 2018 perché ritenuti appartenenti a una «setta di sionisti» che cercava di «indebolire l’Islam e la Repubblica islamica».
Decisamente migliore il quadro in Egitto, dove la diminuzione degli attacchi anticristiani sembra dimostrare l’efficacia delle misure intraprese da al-Sisi contro lo Stato Islamico. Lo stesso presidente ha affermato che «il 2018 è stato l’anno con il minor numero di attacchi terroristici rispetto al quinquennio precedente». Tuttavia nel novembre 2018 sette persone sono state uccise e 19 ferite durante un attacco di terroristi islamisti a tre autobus su cui viaggiavano pellegrini cristiani.
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