È in libreria “Dieci anni di Oliveriana 2008-2018”, di Riccardo Paolo Uguccioni: ovvero memorie, non della sua vita, ma del periodo decennale in cui ha presieduto l’Ente Olivieri di Pesaro, con tutte le soddisfazioni e le difficoltà incontrate.
Professore come mai un libro?
Perché “involve tutte cose l’obblio nella sua notte”, ma le cose scritte restano più a lungo.
Che situazione ha trovato nel 2008 e quali obiettivi si è posto?
L’Oliveriana viveva del prestigio dei presidenti miei predecessori, Scevola Mariotti e Piergiorgio Parroni, e del direttore Antonio Brancati, ma alla fine i pesaresi la conoscevano poco. Veniva cioè considerata uno scrigno, però appartato e riservato agli studiosi. Non era vero, studiosi e studenti l’hanno sempre frequentata, ma folle più vaste no. Il primo obiettivo è stato dunque dissipare quel cono d’ombra con un crescendo di attività, nelle quali è stato centrale l’apporto del nuovo direttore Marcello Di Bella.
Nelle sue pagine spesso si lamenta lo stato di palazzo Almerici, dove oggi l’Oliveriana è ospitata.
Sì, è un contenitore inadeguato, anche se di recente ha subito interventi parziali al tetto e ai solai di alcune stanze, di cui ringrazio il Comune. Ma in altre parti è carente e addirittura inagibile. Nel 2009 ci fu un progetto preliminare della Fondazione Scavolini, redatto dall’ing. Alberto Marchetti e dall’arch. Franco Panzini che partiva dalla realizzazione della torre libraria in un edificio su via Giordani. Molte lodi, tanti apprezzamenti, poi non se n’è fatto nulla, e le conseguenze sono state ad es. la perdita dell’archivio di Massimo Dolcini, che la famiglia ci avrebbe affidato, o di altre donazioni che non si sono potute accettare.
Come descriverebbe l’Oliveriana?
È il complesso – assai raro – di una biblioteca e di un museo retti da un organo di autogoverno, il tutto trae origine da un lascito testamentario tuttora vincolante; attorno a quel complesso si è raccolta la memoria di questa città e provincia. Oggi la biblioteca ha una rilevanza internazionale; l’avrà anche il museo, quando verrà finalmente riaperto, dopo l’ingiustificata chiusura del 2015.
In appendice al volume compare una Nota degli eventi.
Sì, l’ho redatta con crescente stupore, neanch’io ricordavo più l’enorme mole di eventi (festival, mostre, cicli di lezioni, ecc.) che in un decennio abbiamo proposto alla città. Abbiamo fortemente creduto nella cultura che favorisce senso critico e cittadinanza consapevole, abbiamo cercato di essere non solo un luogo dove studiare ma un’istituzione che uscisse ad arricchire la gente e che promuovesse lo studio.
In diverse pagine è descritto il diverbio che ha opposto l’Ente Olivieri al Comune.
A un certo punto il Comune ha tentato di annetterci, e invece l’Ente Olivieri è un ente autonomo. Lo hanno fatto senza ascoltarci, senza nessuna interlocuzione, agendo – se permette – in modalità “renziana”. La versione ufficiale era che avrebbero “allargato” le competenze dell’Ente Olivieri, ma a un certo punto hanno predisposto uno statuto (cosa che non potevano fare, così come l’Italia non potrebbe intervenire nell’ordinamento di San Marino) e dopo diversi assestamenti hanno prodotto una cosa in cui il sindaco era il dominus (cosa che il testamento dell’Olivieri esclude) e dove perfino tutto decadeva al decadere per qualsiasi motivo del sindaco (dimissioni, fine mandato, ecc.), cosa che può valere per gli assessorati e (forse) per l’azienda del gas, certo non per una biblioteca. Abbiamo cercato di resistere. La prefettura ci ha dato ragione, un più recente parere Consiglio di Stato non è affatto favorevole alle tesi del Comune, come si è voluto far credere. Nell’ultima riunione abbiamo predisposto un modello di statuto, come dovrebbe essere.
Una sorta di lascito ideale al nuovo cda?
Sì, beninteso il nuovo presidente valuterà la situazione e ne farà l’uso che crederà opportuno, a me non resta che formulargli i più cordiali e amichevoli auguri di buon lavoro. Ma grazie al mio libretto anche i cittadini potranno conoscere meglio le avventure di un complesso di beni culturali che Annibale Olivieri ha loro dedicato. Quanto a me, mi sono forse un po’ troppo sentito investito di una missione, ma ho per così dire interiorizzato la storia di questo Ente, che nasce con Annibale O., passa per Antaldi, Vaccaj, Settembrini, Scevola Mariotti fino al mio predecessore Piergiorgio Parroni (che ringrazio per aver assunto la direzione di StOliv). Lo stesso vale per i direttori, fino ai viventi MdB e Grazia Alberini.
In conclusone?
L’Oliveriana non può essere affidata alla politica, è pericoloso (caso delle mura, i viventi non identificano sempre i Beni culturali, hanno le loro mode e i loro ideali, e li credono eterni, sono pericolosi. L’Oliveriana vive nelle ere storiche, non nelle tornate elettorali: sia curata dalla politica, se ce la fa, ma viva da un’altra parte. E lo dico oggi che non è più affar mio. (catino come Pilato?)