Analisi cliniche di routine; alla reception mi passano un foglio da firmare: “È per la privacy”. La fila alle mie spalle è lunga e non faccio polemiche ma mi sorgono delle domande. Intanto conosco il titolare del laboratorio che è una persona seria, quasi un amico. In ogni caso dovrebbe essere lui a garantirmi la privacy (che chiamerei in italiano riservatezza) con una sua firma. Visita di controllo in ospedale. Anche qui un paio di firme per la privacy. Veramente non ho nulla da nascondere, per quanto mi riguarda potete esporre i risultati in piazza. Chiedo meglio e le mie firme garantiscono che sono stato informato che nessuno andrà a chiacchierare in giro. Contratto telefonico e relative firme per la privacy, sono garantito, ma allora perché i miei dati personali svolazzano per il webb ed ogni tanto un callcenter mi offre contratti di tutti i tipi, vini, oggetti di vestiario, attrezzi e tende da sole. Queste telefonate infastidenti ci raggiungono spesso durante i pasti. Impossibile difendersi.
Ma allora chi è lo sbagaione che dissemina il mio numero a tutti i venditori. La norma, stringente ed infastidente, non funziona e non c’è deputato o senatore che ci metta mano e tenti di risolvere la situazione. Piccolo episodio di riservatezza: la vicina mi chiama e mi annuncia che in mattinata una signora aveva suonato il campanello a casa mia. “Io non la conosco – aggiunge – ma dovrebbe essere la sorella di sua moglie perché le assomiglia”. Era proprio così. Qualche decennio addietro la privacy non esisteva, tutti sapevano tutto e praticavano il controllo sociale. In compenso nessuno ti telefonava a tutte le ore offrendoti qualsiasi cosa. Bei tempi. Il contrario di riservatezza è trasparenza: che dovrebbe garantire dai furbetti del quartierino e rendere impossibili trucchi e traffici nei concorsi e negli appalti. Secondo voi funziona?