Come sempre in occasione della Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio, svoltasi anche quest’anno in una Cattedrale gremita di autorità cittadine e di fedeli, l’Arcivescovo Piero Coccia si è soffermato sul tradizionale Messaggio del Papa, che ha poi consegnato personalmente ai rappresentanti delle istituzioni e dei settori formativi dell’arcidiocesi.
Migranti. Era comprensibile che il tema di quest’anno fosse dedicato ai Migranti e ai Rifugiati, persone che più degli altri aspirano alla pace, perché “più duramente ne patiscono la mancanza”.Si tratta di una massa di persone enorme (250 milioni nel mondo) che solleva problematiche complesse, per affrontare le quali non bastano i buoni sentimenti, ma occorrono “misure pratiche” e “gestione responsabile da parte dei governanti”, chiamati a “bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali”. Papa Francesco, ha sottolineato l’Arcivescovo, richiama al realismo, ma mette in guardia dall’arrendersi al cinismo e alla globalizzazione della indifferenza. Egli, anzi, non solo indica una strategia combinata di quattro azioni (accogliere, proteggere, promuovere, integrare), ma ricorda che la Sezione Migranti e Rifugiati del “Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale”, da lui istituito, ha già suggerito 20 punti di azione quali “piste concrete per l’attuazione di questi quattro verbi nelle politiche pubbliche, oltre che nell’azione delle comunità cristiane”. Punti che riguardano, tra l’altro, l’ampliamento delle possibilità di ingresso legale, l’impedimento dello sfruttamento dei migranti, la difesa della loro dignità, il loro sviluppo umano, la partecipazione piena alla società che li accoglie. Tutto ciò come contributo della Chiesa Cattolica a quel processo di approvazione, da parte delle Nazioni Unite, di due Patti globali (uno per le migrazioni sicure e regolari, l’altro per i rifugiati) che si auspica giunga a compimento nel 2018.
Territorio. Ma la nostra comunità diocesana – si è chiesto poi l’Arcivescovo – che vive in un territorio coinvolto anch’esso, seppure in termini contenuti, dal fenomeno migratorio, come può fare proprie le indicazioni di Papa Francesco? Occorrono – ha detto – sia un processo di conversione che un impegno di costruzione.Una conversione che sia personale, pastorale, culturale: perché anche nella nostra realtà si riscontrano pregiudizi, resistenze, sospetti che devono essere superati. Una costruzione che sia orientata alla solidarietà sociale, da intendersi come giustizia: come condivisione cioè tra chi più ha e chi è meno fortunato, non solo sul piano economico. La precondizione, comunque, è abbandonare quel disfattismo che a volte ci assale e puntare sulla valorizzazione delle risorse che abbiamo, prima fra tutte la nostra fede.