Mentre i ‘media’ da qualche tempo mostrano individui e partiti che stanno affilando le armi in una campagna elettorale pre-votazioni 2018, si è conclusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione di Luigi Sturzo (Caltagirone 1871-Roma 1959) durata 22 anni come l’esilio da lui scelto nel 1924 che lo portò all’estero fino al 1946. Mi chiedo se sia casuale la campagna elettorale concomitante alla chiusura dell’inchiesta diocesana che ha raccolto deposizioni di 154 testimoni circa la vita e le virtù del candidato agli onori degli altari: possiamo allora ipotizzare che tale coincidenza possa essere un ‘richiamo’ e una ‘protezione’ che Sturzo offre al nostro Paese ed in particolare a chi aspira a cariche pubbliche?
Don Sturzo è certamente un modello di persona protesa al bene comune, l’essere sacerdote non lo relegò ad interessarsi solo al bene spirituale dei fedeli, così nel 1905 entrò nel Consiglio Provinciale di Catania e dal 1905 al 1920 fu pro-Sindaco di Caltagirone. Ritenendo che i cattolici dovessero impegnarsi in politica, pur difendendo l’autonomia tra politica e Chiesa, nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano con queste parole: «A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà». Dall’esilio continuò ad animare cattolici italiani ed europei nel servizio politico, perché nella politica non vedeva una ricerca di prestigio o occasione di guadagno o la velleità del giustiziere, ma un «un atto d’amore per la collettività e tante volte un dovere per il cittadino» come scriveva nel 1925. Abbiamo bisogno di tali cittadini.