Lunedì 6 novembre, nella Chiesa dei Santi Vito e Modesto in Mombaroccio, l’Arcivescovo Piero Coccia, insieme al clero diocesano, alla presenza delle autorità del paese e di tanti parrocchiani, ha celebrato il rito funebre per don Guido Fattori, parroco di quella comunità per quasi 60 anni, dal 1950 al 2009, tornato alla Casa del Padre il 2 novembre 2017.
Tre parole. L’esperienza della morte – ha detto mons. Coccia – anche se riguarda una persona già avanzata negli anni, ci sorprende e inquieta, creando in noi tanti interrogativi, di fronte ai quali solo la fede nel Signore risorto può aiutarci. Una fede che ci viene confermata dalla liturgia di oggi, la quale ci assicura che le anime dei giusti sono nella pace e che apparteniamo al Signore sia in vita che in morte, invitandoci, con la parabola delle vergini stolte, alla saggezza e alla vigilanza. Questo vale anche per don Guido, che è sempre stato un uomo giusto, affidato al Signore, accorto e sapiente. Ma quando ci viene a mancare una persona cara, non possiamo non domandarci: quale eredità, quale insegnamento, quale “capitale” lascia nelle nostre mani? Certo ognuno di noi ha avuto un rapporto particolare con don Guido e potrebbe rispondere personalmente, però non credo di sbagliarmi se dico che la sua eredità maggiore si racchiude in tre parole: fedeltà, generosità, diocesanità.
Generosità. Don Guido è stato un uomo fedele al Signore, alla sua vocazione, ai Superiori che gli hanno affidato numerosi incarichi, da lui sempre svolti con puntualità e responsabilità. Fedele anche alla sua parrocchia, che ha amato quasi come sua proprietà e alla quale ha dedicato energie, risorse e persino i risparmi personali.Un uomo, quindi, anche di grande generosità: si è messo al servizio dei parrocchiani; è stato loro vicino nelle gioie e nei momenti difficili, con una presenza discreta e delicata, ma immancabile e affidabile. Una generosità rivolta anche ai confratelli del presbiterio, alle cui necessità si rendeva sempre disponibile.Don Guido, inoltre, ha servito lealmente e con spirito costruttivo la diocesi e tutta la chiesa locale, L’amava perché gli aveva dato la fede e lo aveva condotto al sacerdozio. E la ripagava con una dedizione sempre fedele. Non mancava mai agli incontri del clero, sia diocesani che della vicaria. Ha partecipato fino all’ultimo ai ritiri dei sacerdoti, intervenendo sempre in maniera pacata, riflessiva, indulgente e sapienziale. Ci ha insegnato che siamo noi al servizio della Chiesa, non la Chiesa al servizio nostro. E che la nostra fede è per il bene della comunità.
Famiglia.Voglio infine ringraziare, innanzitutto, il Signore per averci donato questa bella figura di sacerdote e di parroco; la famiglia, che, pur nella distanza geografica, gli è sempre stata vicina con affetto; il personale di Casa Damiani, che lo ha seguito con cura e premura in questi ultimi anni; le autorità e i parrocchiani, intervenuti così numerosi: avete sempre amato don Guido e anche lui vi ha sempre amati”.