«Siamo orgogliosi e giustamente emozionati di poter finalmente apporre il 2 di novembre 2017, unici dopo un secolo, mentre corre il centenario della Grande Guerra, una viola sul nostro cuore ed una lapide vicino ai nomi dei 2.363 soldati italiani vittime di questo campo e dell’assurdità della guerra con la forza ed il rispetto della Memoria permanente, valore di un’educazione al pacifico rapporto tra le Nazioni». Così si era espressa la professoressa Francesca Corraducci dell’Istituto S. Marta-Branca di Pesaro prima di partire per Sigmundsherberg. Un lager a 90 km (a nord-ovest) di Vienna di cui non c’è quasi più traccia.
Austria. In questa cittadina austriaca, vi era un campo di concentramento che ha visto 2.363 soldati italiani come vittime. Erano prigionieri, dopo la sconfitta di Caporetto, in quel campo. Oggi di quelle sofferenze è rimasta un’unica traccia, il Cimitero di Guerra Italiano. Tutto è passato nell’oblio. Una dimenticanza, un senso di abbandono da parte del pensiero, dei sentimenti e degli affetti che non ha intaccato l’ingegner Francesco Nicolini. Questi ha narrato la storia di una ricerca sulle orme di un testimone, un contadino della nostra terra, di Sant’Angelo in Lizzola, il fante Elmo Cermaria, detto nonno “Peppe”, il nonno di Nicolini appunto. I sentimenti di questo nipote, oggi sessantottenne, per quegli avvenimenti di guerra dolorosi, funesti e crudeli non sono mutati. Era bambino quando suo nonno gli raccontava la tragedia umana della guerra e, a suo nonno, aveva fatto una promessa: Questa lunga e dolorosa vicenda della tua vita non verrà dimenticata.
Studenti pesaresi. Questi sentimenti sono coinvolgenti tanto da aver spinto docenti ed alunni dell’Istituto Alberghiero S. Marta-Branca a raggiungere questa meta quasi sconosciuta. Ecco perchè il 2 novembre sono andati lì. Perchè il nonno Peppe lo ha raccontato permettendo la ricerca di luoghi e situazioni storiche con dovizia di immagini e confronti storiografici. È lì che ha vissuto episodi di grandissima umanità ma anche l‘inimmaginabile sofferenza del prigioniero che tuttavia sopravvive, a differenza di moltissimi dei 270mila Italiani, transitati in quel campo.
Memoria. Perchè, attraverso due pubblicazioni, il nipote ha contaminato, toccato il cuore, degli studenti e dei professori dell’Istituto S. Marta-Branca. La professoressa Francesca Corraducci ha poi sottolineato questo aspetto: «C’è, inoltre, un particolare importante che non trova soddisfazione nella divulgazione storico-scientifica e nella memoria: la presenza di quel lager che a tutt’oggi nessun Italiano commemora perché non segnalato da percorsi specifici né da guide turistiche». Ecco perchè il progetto “Viole a Sigmundsherberg” ha condotto una cinquantina di studenti diciottenni, l’età dei ragazzi del 1899 che combatterono la Prima Guerra Mondiale, in questo viaggio d’istruzione e della memoria.