Lo scorso 4 novembre il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha presieduto a Indore (India) la celebrazione per la beatificazione della clarissa francescana Rani Maria Vattalil, assassinata nel 1995 dal fondamentalismo induista. Oggi in India si sta consumando una strage silenziosa contro i cristiani quasi del tutto ignorata dai media occidentali. A rompere il muro del silenzio è don Stanislaus Alla Sj, docente di teologia morale nel seminario di Vidiajothy (Delhi). Il giovane prete gesuita gira il mondo per raccontare le persecuzioni del fanatismo induista. Nei giorni scorsi ha tenuto alcune conferenze al “Centre Sevres Jesuit Theology Faculty” di Parigi ed alla “Corvinus University” di Budapest. Lo abbiamo incontrato a Pesaro, città che lui definisce la sua seconda casa, per via dello stretto legame di amicizia con la parrocchia di Santa Croce.
Don Stanislaus lei è un sacerdote cattolico ma proviene da una famiglia Indù.
Esatto. Mio padre da giovane ha incontrato i missionari del Pime di Milano convertendosi al cattolicesimo e alla vita mistica nella foresta. Con lui ho vissuto l’infanzia in un villaggio in mezzo alle tigri, poi mi sono unito ai gesuiti e mi sono laureato all’Alfonsiana di Roma. Oggi vivo nell’Andhra Pradesh, uno dei grandi stati indiani con 80 milioni di abitanti.
Lei dice che il cristianesimo in India è ad un crocevia. Perché?
Purtroppo l’attuale governo sostiene il fondamentalismo promuovendo un nazionalismo culturale che impone l’idea che l’India sia solo degli induisti. In quest’ottica gli altri sono estranei. Si tratta dello stesso gruppo minoritario che nel 1948 assassinò Gandhi. Oggi quel gruppo è dominante e, dopo la strage di Orissa, sta moltiplicando la violenza. Centinaia di migliaia di fanatici che usano il terrore contro la gente. Faccio un esempio banale ma che rende bene il clima di paura. Al cinema ogni film comincia con l’inno nazionale e se qualcuno non si alza in piedi viene subito attaccato dai vigilanti rischiando la vita perché anche i tribunali sono al servizio del governo.
Che ruolo svolge la Chiesa?
Lotta per i diritti umani. La Chiesa cattolica dà forza ai poveri e gli ricorda che sono esseri umani. Questo infastidisce la gerarchia Indù perché mischia i cosiddetti intoccabili con le caste più elevate della società, destabilizzando il potere. La Chiesa è vista come una sfidante, tollerata solo se si limita a soccorrere i miserabili ma quando cerca di affermare i diritti viene incolpata di essere anti patriottica.
Cose dice nelle sue lezioni?
Che il fondamentalismo religioso sta prendendo una nuova direzione ed ha creato il concetto di “altro”. Musulmani e cristiani sono gli altri, dunque non hanno diritti e vanno isolati. In India si va verso la normalizzazione della violenza: così se una persona è uccisa e la Chiesa attaccata, il governo non interviene. Sono presi di mira gli intellettuali e tutti coloro che stanno insieme agli induisti moderati, contro il fanatismo. Per questo intitolo le mie conferenze: “L’emergenza è la creazione dell’altro”.
Nel 2018 lei è chiamato ad un grande impegno.
Sarò il rappresentante dell’Asia per il dialogo interreligioso alla terza conferenza internazionale su “Teologia Morale Cattolica nella Chiesa Mondiale”, a Sarajevo. I teologi morali del mondo si incontreranno in questa città-ponte tra la guerra e la pace. Da qui le religioni devono ripartire per un nuovo ordine nel segno della riconciliazione.