Un novembre particolare. Ha raccolto, anche nella Chiesa, il risveglio amaro e la difficile speranza e la passione e il travaglio del vasto ambito della comunicazione. L’irruzione dei nuovi mezzi, dal computer al web e la conseguente invasione, ha sconvolto i rapporti sociali ad ogni livello, familiari, civili, religiosi, soprattutto culturali. Non solo. Influenza anche l’economia, la politica, la finanza, insomma ogni attività che abbia come soggetto l’uomo, compreso il modo di pensare, di conoscere e di comportarsi, fino a confondere il reale con il virtuale.
Il passaggio alla inevitabile crisi dei mezzi di comunicazione tradizionale chiude una parentesi e ne apre un’altra che ha per oggetto la carta stampata, il libro e il giornale. Quando non si leggono più gli scritti, si finisce per non pensare davvero. Donde il richiamo “Amare la verità, vivere con professionalità e rispettare la dignità umana: vi auguro di saper assumere questa missione con rinnovato impegno”. Questa la consegna finale di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla Fisc (Federazione cui fanno capo 191 testate diocesane), in apertura della XVIII assemblea nazionale elettiva a Roma.
Il risveglio dei settimanali è avvenuto non solo a livello nazionale ma anche regionale ad Ancona dove collaboratori e direttori si sono riuniti affrontando i temi della comunicazione, delle testate, della vita e della sopravvivenza dei giornali diocesani, cercando di coinvolgere le diocesi e le parrocchie, in attesa della nuova legge sull’editoria. E a livello locale in un incontro a Pesaro, è stato informato il clero sulla gestione e sui problemi del nostro settimanale (relatore Roberto Mazzoli, caporedattore) cui il sottoscritto ha aggiunto una nota conclusiva: Il Nuovo Amico ha le caratteristiche di un giornale ed è strumento della pastorale. Si diffonde nelle chiese per i cristiani praticanti, varca le porte fino al sagrato per i poco praticanti e raggiunge le piazze per i lontani, seguendo lo stile di Papa Francesco della Chiesa in uscita al di là di ogni barriera. Cari confratelli, è giornale doppiamente vostro, come collaboratori e fruitori. Senza di voi non va lontano”. Ciò l’ho ribadito anche in un intervento all’assemblea della Fisc a Roma.
Perché il giornale sia uno strumento pastorale dovrà essere rinnovata la stessa pastorale in un contesto culturalmente nuovo e distante dalla chiesa. Perché possa penetrare si dovrà riprendere l’intuizione di Giovanni Paolo II (1986) riguardo l’inculturazione della fede. S’affaccia qui il problema di un attuale progetto culturale che prenoti l’esigenza del primo annuncio.
Raffaele Mazzoli