GRAZIA CALEGARI TRA I MASSIMI ESPERTI DI ARTI VISIVE A PESARO
Questo film non è arte ma
a Pesaro non si può dire
Professoressa Calegari, la pellicola pornografica “Queen Kong” è stata definita dai suoi produttori come un capolavoro artistico. Lei che è tra i massimi esperti di arti visive a Pesaro e che ha visto nascere la mostra del cinema in questa città che giudizio ne dà dopo aver visionato il cortometraggio?
Sono sconcertata dalla banalità che spesso sfiora il ridicolo in alcune scene. Si voleva forse solo il can can mediatico, che è stato montato ad arte per veicolare l’intero festival. Ma il film non meritava alcun tipo di attenzione.
Il direttore artistico del festival, Pedro Armocida, ha rivendicato la scelta definendola culturale. E la stessa direzione della mostra è sembrata infastidita dalle critiche bollandole addirittura come tentativi di censura. Secondo lei una città come Pesaro non dovrebbe avere un ruolo nell’esprimere un suo giudizio?
Ci mancherebbe altro che non avessimo più il diritto di esprimere i nostri pareri. Qui il discorso si fa molto pesante perché è evidente che siamo condizionati in maniera eccessiva da una cortina ideologico-politica. Quindi se qualche voce libera culturalmente e politicamente ha voglia di dire qualcosa di diverso, eccome se lo deve dire! Fa molto riflettere e preoccupa il fatto che nella nostra città si stia perdendo il gusto della parola e del giudizio.
Ripenso alle prime edizioni del festival e ai dibattiti, anche pateticamente interminabili, che coinvolgevano anche i giovani e che erano comunque uno stimolo all’analisi visiva e al confronto delle idee.
Veniamo alla trama del film. La novità starebbe nel ribaltamento dei ruoli. La donna attiva e “bestiale” che si prende l’uomo con la forza. Lei da donna di cultura che messaggio ha letto in questa pellicola?
La donna attiva e bestiale mi ha fatto ricordare vari repertori medievali riconducibili anche alle arti visive del Seicento. Cito la Chiesa del Nome di Dio a Pesaro dove i diavoli sono rappresentati esattamente come la protagonista di Queen Kong: orecchie a punta, coda, corna … Non so come si possa parlare di novità in senso cinematografico e visivo perché non c’è proprio niente di nuovo. Pescare nei secoli passati dovrebbe essere una scelta moderna?
In un’epoca dominata dalla pornografia on line c’era bisogno di portarla anche in un festival istituzionale?
Questo è il problema di fondo. C’era bisogno? Se non a livello commerciale? Per me no ma secondo loro sì. È però una pura operazione di marketing e di propaganda. Insisto su questo concetto perché mi sembra fondamentale. Quindi parlarne ancora fa solo il loro gioco. Però capisco che la città ha bisogno di voci di dissenso perché il silenzio può apparire consenso. Un tempo la mostra viveva di dibattito e confronto critico ma oggi cosa rimane di quella apertura al pubblico?
La proiezione del film è stata preceduta da una serie di interviste alla regista e alla pornostar in cui emerge il tema della valenza liberatoria della pornografia come conquista dell’emancipazione femminile.
La tristezza aumenta riflettendo in questi termini. Di certo l’emancipazione femminile non è questa banalità. Anzi operazioni del genere rischiano di cancellare in un attimo il contributo che nella storia le donne hanno dato alla crescita di questo Paese. Un grave danno soprattutto per le giovani generazioni. Né questo film né il progetto del porno al femminile hanno nulla a che vedere con l’emancipazione delle donne. Piuttosto allontanano dal concetto stesso di femminilità
Un’ultima domanda sul ruolo dell’uomo nel film dove viene rappresentato come una sorta di alcolizzato e nel corso della tavola rotonda chiamato “gonzo”.
Certamente se nel film è svilita la figura femminile, ciò avviene in misura quasi peggiore anche per quella maschile.
A cura di Roberto Mazzoli