URBINO – Il primo giugno si celebra la solennità di San Crescentino, patrono della città e arcidiocesi di Urbino. Il triduo di quest’anno tratterà il tema “San Crescentino: un laico, un giovane, un soldato”, con i seguenti titoli giorno per giorno: domenica 29 (ore 18.30): “Sine dominico non possumus, ovvero l’Eucaristia come fonte di ogni vocazione alla santità”, predica don Salvatore Amico; lunedì 30 (ore 18): “Giovani e santità”, predica don Steven Carboni, responsabile di Pastorale Giovanile per la diocesi di Fano; martedì 31 (ore 18): “Il buon combattimento della fede”, predica il Parroco don Andreas Fassa. Mercoledì 1 giugno infine, dopo le tre messe mattutine delle 8:30, 10:30 e 12:00, con confessori a disposizione per l’intera mattinata, seguirà il pontificale solenne delle 17 al cui termine si snoderà la processione per le vie del centro.
La venerazione verso San Crescentino non ha limiti geografici (più luoghi sono legati alla sua figura), né di forma. Può toccare l’arte, la musica, la tradizione, le pratiche devozionali, ma si può comunque ricondurre ad un unico sentimento di amore verso il nostro patrono celeste. L’inno musicale che attualmente è suonato al termine della celebrazione in chiesa e durante la processione dall’orchestra di fiati, lo si deve a Mario Severini, organista della cattedrale nel secondo novecento. Anticamente vi erano di sicuro altri canti o inni dedicati al Patrono, ma oggi l’unico che si suona è il suo, caratterizzato da un ritmo lento ma scandito, con un testo oggi altisonante ma qualche decennio fa conforme alle usanze. L’immagine del Santo fu subito utilizzata in campo artistico, tra cui gli stemmi araldici di alcuni vescovi e quello del capitolo del duomo, com’è visibile nella sacrestia nuova in alto tra il mobilio in legno. La venerazione maggiore però è naturale che vada alle reliquie: il corpo, custodito sotto l’altar maggiore, è completo fuorché metà cranio, conservato per antico vincolo a Città di Castello. Soffermiamoci sulla reliquia umbra: nella cripta del duomo di Città di Castello ci sono varie stanze disadorne, con solo le tombe di alcuni Santi. Tra questi, ve ne è una impropria che presenta una teca vetrata con la calotta cranica di Crescenziano (nome umbro) a sua volta chiusa in un reliquiario a forma di testa. Con questa reliquia, simbolo anche del martirio per decapitazione che egli subì, si usa benedire il capo dei fedeli contro i mal di testa. Accanto alla reliquia, vi è una seconda teca più grande che conserva una costola di animale preistorico (un cetaceo?) ritrovata nei pressi del luogo del martirio (Pieve de’ Saddi). La tradizione voleva che questa fosse un osso del drago ucciso da Crescentino, mentre oggi è ormai chiara la metafora che associa il drago al paganesimo che il Santo riuscì a debellare. Infine, nella cappellina del duomo umbro è presente un busto dorato del soldato romano. Le reliquie di Urbino poi sono state in minima parte campionate per permettere la realizzazione di reliquiari processionali. Nel museo Albani si trova il più prezioso, in argento, rame dorato e lapislazzuli, datato 1669, ma non è l’unico. Ve ne è un secondo, in legno e più maneggevole, che si usa ancor oggi e che in realtà è multiplo, nel senso che all’interno vi sono frammenti ossei e di vestiti di più Santi, circa 15. Infine la stessa statua in cartapesta, nel petto, ha una piccola finestrella dov’è inserita una reliquia. Gli spunti per venerare il Santo non mancano. Sta a noi seguire gli esempi luminosi e camminare a nostra volta sulla strada della santità.
Giovanni Volponi