STORIA DI UN CAPOLAVORO CINQUECENTESCO RECUPERATO
La Madonna delle Palme a San Giacomo
E’ stata recentemente riaperta, dopo qualche anno di sapienti lavori di restauro eseguiti con la direzione dell’ingegner Alberto Marchetti, la chiesa di San Giacomo in piazzale Olivieri.
Un recupero tecnico, funzionale, difficile e delicato anche per motivi di umidità della zona, che ha ridato alla città un edificio esteticamente raffinato e razionale, con pavimento grigio di geometria quattrocentesca, e che si colloca come nuovo centro di spiritualità affidato a tre giovani donne, impegnate a far rivivere anche la centralità sociale dell’antica parrocchia.
L’interno è sovrastato dall’affresco collocato all’altar maggiore, raffigurante la “Madonna col bambino e due angeli”, anticamente collocato all’esterno e poi staccato e inserito sopra l’altar maggiore quando, tra il 1676 e il 1678, per iniziativa del rettore Cristoforo Rossi e di alcuni fedeli, venne ricostruita la chiesa e fu spostata la facciata in precedenza orientata verso l’attuale piazzale Del Monte.
Qualcosa di simile è avvenuto anche alla chiesa dell’Annunziata, dove il piccolo affresco su fondo oro con la Madonna del Popolo, dipinto per l’esterno, è stato staccato e dopo altra collocazione è oggi visibile in Cattedrale, nel secondo altare della navata destra, dotato di cornice settecentesca come fosse un quadro.
L’affresco di San Giacomo invece è rimasto dentro l’edificio e ha acquistato oggi nuova visibilità, un po’ distratta dalla vivacità coloristica delle immagini riaffiorate sotto l’intonaco nel soffitto del presbiterio.
E’ stato in parte ridipinto in occasione di interventi conservativi, ma mantiene intatta la sua capacità di evocazione iconografica e storica.
Raffigura la Vergine col Bambino, seduta sotto un baldacchino architettonico e decorativo, con grandi nappe a doppio giro, circondata da due angeli con torce e palme che si avvolgono sui lunghi fusti, e che simboleggiano la vittoria della fede cristiana sulla morte.
Un’immagine festosa, salda e dolcemente rassicurante, che rievoca leggiadre certezze del classicismo, in passato genericamente attribuita alla scuola di Giovanni Santi, ma che può invece attribuirsi al pittore Pompeo Morganti (Fano 1510 circa-1569), come sostiene Bonita Cleri in “Officina Fanese” (Milano 1994).
Figlio di Bartolomeo, Pompeo appartiene alla nota famiglia di artisti fanesi ed è stato attivo anche a Filottrano, Iesi, Candelara, Pergola, Sirolo, Trebbio di Montegridolfo.
A Pesaro si deve a Pompeo Morganti anche la tavola con la Madonna delle Grazie, dipinta in una ventina di giorni dopo che la vecchia immagine venne distrutta da un incendio il primo gennaio 1545, e il pittore fanese fu in grado di ricordare a memoria e di rifare, consentendo ai padri serviti di ricollocarla solennemente in chiesa il 25 gennaio di quell’anno.
Anche l’altra famiglia di pittori fanesi, quella dei Presutti, ha lavorato a Pesaro: in particolare Giuliano ha affrescato la chiesa dell’Annunziata fino al 1550, ma ne resta solo un frammento nella parete destra.
La pala d’altare con l’Annunciazione, dipinta per lo stesso edificio, si deve in parte a Giuliano Presutti e in parte all’urbinate Timoteo Viti. Quando l’Annunziata passò alla famiglia Mosca, si decise di togliere la tavola (che oggi si trova alla Pinacoteca Vaticana) e di sostituirla con l’Annunciazione in stucco del bolognese Giuseppe Mazza.
Verso la metà del cinquecento erano dunque attivi anche a Pesaro gli esponenti delle due famiglie di pittori fanesi, e nel piccolo novero di opere superstiti di quegli anni va oggi ricordato l’affresco di San Giacomo, che accanto all’immagine della Madonna delle Grazie costituisce una delle due icone pesaresi dipinte da Pompeo Morganti.
Il pittore aveva una bottega fissa a Pesaro, e abitava proprio nel quartiere di San Giacomo, secondo le ricerche d’archivio fatte da padre Albarelli e riportate da Giuseppe Gabucci nel 1941.
Grazia Calegari