XI EDIZIONE DELLA RASSEGNA TEATROLTRE
RAPPRESENTAZIONI SU GENESI E VANGELO
Quando il Sacro va in scena
Di Maria Rita Tonti
Non passa inosservata, nel cartellone dell’XI edizione della rassegna d’arte contemporanea TeatrOltre, la presenza di tre spettacoli che affrontano il tema del sacro, nella sua accezione più ampia. Una presenza che non può che essere accolta favorevolmente perché la creazione artistica, con i suoi linguaggi specifici e nel suo rapporto dialettico con il contenuto rappresentato, stimola in questo caso l’individuo a porsi interrogativi fondamentali riguardanti l’esistenza ed il rapporto con il ‘divino’. Le tre opere in programma nell’ambito di “TeatrOltre” sono testimonianza di quanto i linguaggi artistici siano affascinati dall’Invisibile, da ciò che sfugge ad una presa sensoriale dell’uomo e lo portano a ricercare ed approfondire il rapporto tra l’Uomo e il Mistero nella vita quotidiana: un ‘corpo a corpo’ libero e sincero con le domande della fede, acceso dall’azione drammatica o coreutica. Le opere in questione sono “Jesus” di Babilonia Teatri, che inaugurerà “TeatrOltre” il 18 febbraio al Teatro Sperimentale di Pesaro, “Dolce vita. Archeologia della Passione” del coreografo Alessandro Sieni e “Genesiquattrouno. Caino e Abele, storia di una fratellanza deviata” di Gaetano Bruno e Francesco Villano.
“Jesus”, che ha debuttato ad ottobre 2014 al Vie Festival di Modena, cerca risposte ad alcune domande che vengono formulate dal piccolo Ettore, figlio nella vita reale di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani che, insieme a Vincenzo Todesco, formano i Babilonia. Partendo da: “Perché si muore? Perché si vive?” passando per “Perché Gesù è stato crocifisso?” si arriva a “Se allora tutti dobbiamo morire, che senso ha vivere?”. Per dare risposta a questi ed altri quesiti, i Babilonia compiono un viaggio attraverso la figura di Cristo. Scrive Raimondi: “Non riesco a trovare nient’altro nella mia memoria che conosco così bene. Da beautiful alla mia tesi di laurea tutto mi appare più sfuocato. Gesù no. E’ scolpito nella mia mente. Nei miei ricordi […]. Ma soprattutto Gesù mi ha consolato, mi ha coccolato, mi ha tenuto calma e serena, anche lui ha sofferto, ha vissuto, ha lottato e poi alla fine anche lui è morto. Ma con happy end. Morto e risorto. Non mi devo preoccupare, non devo aver paura, tutto si sistemerà, saremo di nuovo tutti insieme un giorno. Per una vita vera. Al di là delle nuvole.”
“Avvenire”, che ha recensito lo spettacolo, riconosce che i Babilonia “appena intrapresa la ricerca, si rendono subito conto di quanto i comportamenti, i ragionamenti, in pratica tutta la nostra cultura sia permeata della figura di Cristo; in pratica “Gesù è ovunque!”. E già! Una scoperta invece meno ovvia, non scritta, né detta, ma dedotta dopo aver visto lo spettacolo e dialogato con i suoi creatori, è che all’origine profonda di questa ultima opera c’era proprio il tentativo di dare una risposta di amore, di fiducia e di apertura, quindi una risposta in pratica “cristiana”, al mistero della vita e della morte”.