Non giova a nessuno, tanto meno alla società civile, svilire i vincoli familiari e concorrere a renderli ininfluenti. I grandi temi che li riguardano lascio al Sinodo dei Vescovi (dal 5 al 19 ottobre 2014 in Vaticano). La mia riflessione vola bassa per coglierne alcuni aspetti a mio avviso importanti. Non tutto è male. Nonostante le apparenze in Italia la relazione-famiglia ancora tiene. Lo ha confermato abbastanza recentemente il Censis. Aggiunge un dato che sorprende: le persone che attribuiscono importanza alla famiglia e comunque alle unioni stabili sono mediamente le più felici. Certo l’Italia ha una storia di relazioni che va molto indietro nel tempo; la cultura mediterranea, il cristanesimo e le vicende socio-politiche hanno esaltato il valore delle relazioni da farne un Paese civilmente solido ed anche le sue patologie, come la crisi attuale, vanno considerate “malattie in corpore sano”.
Non esagerata l’affermazione secondo la quale la famiglia è la matrice delle molte attività relazionali presenti nella società anche di quelle economiche. Risulta, fra l’altro, che la maggioranza della nostra gente ancora ritiene il risparmio una risorsa nella grave emergenza che stiamo attraversando nonostante la diminuzione del proprio reddito. Ci si illude che una crisi di fiducia, di entusiasmo civile e morale possa essere risolta rilanciando i consumi. È a dir poco ingenuo. Il consumismo sostenuto dai debiti non è una cura ma una ulteriore deriva. Ci vuole più crescita economica, ci vuole che la gente si metta in relazione in modo creativo. Piuttosto che al consumo i sogni vanno orientati alla produzione. Una economia infatti non regge se non nella relazione dei vari settori a cominciare dalla agricoltura e dei soggetti operativi a cominciare dalla famiglia. Dai giornali un titolo manifesto “I manicomi sono tornati in famiglia”. È tutto dire.
Il primo reddito dell’economia è quello di produrre relazioni per recuperare certezze e fiducia. Ciò forse corrisponde a quei cicli di felicità di cui parlano gli esperti. Ma ciò che manca oggi è una buona politica. Non serve l’antipolitica, di cui abbiamo fatto esperienza in questi ultimi anni, bensì un nuovo corso che guardi avanti, apra una visione più ampia e rompa certe abitudini malamente virtuose. Una politica diversa, da tutti auspicata, tenta di portarla avanti il primo ministro Matteo Renzi. Purtroppo c’è un retroterra istituzionale logoro che paralizza la possibilità delle riforme e finisce per vedere il nuovo con le lenti vecchie. Come la politica anche la famiglia è un fatto relazionale. Infatti “non è questione privata ma pubblica, non un bene solo per la coppia ma per tutti. Essa è veramente il presidio della tenuta sociale ed economica” (Presidente Consiglio Cei). Non è fuori posto quindi invitare le famiglie a farsi protagoniste anche attraverso reti virtuose.
Raffaele Mazzoli