Mi accingo a scrivere queste note, sulle festività recentemente concluse, con i sentimenti a fior di pelle e col tremore di dover inoltrarmi nelle cose future, d’altronde molto importanti per capire il mistero che stiamo vivendo. Quante parole e quanti gesti, semplici ed essenziali, che vanno diritti al cuore, corrono nei giorni in prossimità del Natale, così distanti, dall’usuale tran tran quotidiano. Ci si guarda l’un l’altro con la voglia di un saluto, di una stretta di mano, perfino di un abbraccio. Anche lo straniero sospinge alla fratellanza e il povero bussa alla porta della coscienza di molti. A qualcuno viene in mente che sia proprio Lui a bussare. Nel nostro Paese dalle radici cristiane tutto ciò profuma di Vangelo. Un sussulto di spiritualità fa riempire di gente le nostre chiese e l’intimità di una tavola imbandita e di un focolare acceso commuove la memoria. Un tempo felice, questo delle feste natalizie, che riscalda e rianima la potenza di quelle parole e di quei gesti! Annuncio, gioia, salvezza, vita, pace, speranza non paiono così astratte e virtuali. Il desiderio o l’augurio che scende nelle complessità delle persone, della famiglia e della società si esprime in mille modi diversi.
Appena concluse con la solennità dell’Epifania, dalla cronaca passano alla storia relativandosi ad una tradizione di fede che mette in discussione idee, culture e stili di vita. Riaffiora la nostalgia di Dio capace di riaprire i sentieri della mente, del sentimento e, oserei dire, delle coscienze non definitivamente sopite. Parlare di un risveglio popolare e sociale è senz’altro eccessivo. Ma la Parola (Verbum) dell’Altissimo non è incatenata. Si fa sentire nel silenzio, nella solitudine, nella sofferenza, nella preghiera, nei luoghi di intensa religiosità e più accuratamente nelle celebrazioni liturgiche.
Perfora anche la rete della comunicazione, a cominciare da quelle più tradizionali e dirette, come il grido di Papa Francesco: “Gesù Uno come noi”, raccolto dai centomila di Piazza San Pietro e rilanciato sulle sponde dei cinque continenti. Più che un caso è un sintomo di una attesa che ha la capacità di provocare e sconvolgere. “Uno come noi” in cammino in un regno che non può essere se non Regno di Luce. Verso Betlemme seguendo la stella i grandi della terra depongono corone, oro e scettri ai piedi della fragilità di un Bambino, il cui Regno “non avrà mai fine”. Un regno per i poveri della terra, vale a dire per ogni uomo. Sembra una favola ed invece è realtà, viva ed evidente che sorpassa ogni desiderio.
Ma l’uomo di oggi, ricco di scienza, potenza e prestigio, avendo smarrito i dati della propria perfetta nudità, ha paura di confrontarsi con questo Gesù, incuneato fermamente nella storia. Lo sfugge, gli gira intorno e se ne fa un ‘nemico’ o lo destituisce a sua immagine pur di non cadere in ginocchio e sentirsi sconfitto. La Pace, che è la sintesi di ogni possibile ricerca, è lì a portata di mano. “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e Pace agli uomini che Egli ama”. La grande novità di un Buon Anno che inizia è tutta qui.
Raffaele Mazzoli