Vent’anni fa lasciava questa nostra vita e questa città un uomo il cui ricordo non si è spento nella memoria di coloro che lo incontrarono. In lui avevano, infatti, incontrato una particolare rivelazione della bellezza della verità. La sua esistenza fu come un ideale e una proposta a tutti. Un uomo attento ai bisogni delle persone, che hanno sempre costituito la bussola della sua opera di presa in carico e di recupero di tante persone che vivevano ai margini della società. A partire dall’incontro con Gesù, don Gianfranco Gaudiano ha voluto andare nelle più diverse realtà, anche in quelle realtà più distanti, o più di frontiera, per farsi tutto a tutti. Con il suo cuore appassionato e la sua fervida fede, don Gianfranco Gaudiano poteva arrivare là dove altri non potevano. Anche chi non condivideva le sue idee e il suo stile non poteva restare indifferente alla sincerità e alla grandezza del suo cuore. Un cuore veramente umano, un cuore cristiano, un cuore sacerdotale, un cuore da apostolo del Vangelo, un apostolo della carità e della solidarietà. Un uomo di Vangelo convinto che niente è impossibile all’amore.
Lo ricorderemo sempre per la sua convinzione che la grande novità prodotta da Cristo nel mondo umano è uno sguardo nuovo, uno sguardo diverso sull’uomo. Lo ricorderemo sempre per il suo immenso e costante impegno nella difesa di tutti, e in modo particolare dei più deboli e degli emarginati. E lo ricorderemo sempre affinché la città tutta e, in modo particolare le nuove generazioni, possa conoscere il suo luminoso esempio di solidarietà e di verità per continuare sulla strada che lui ha tracciato con il coraggio di insistere che gli derivava da una solida fede in Cristo Risorto.
Il nostro incontro con don Gianfranco Gaudiano nel 1977, fu l’incontro di uno stesso desiderio. Quello di dare una famiglia a bambini che, provenienti da situazioni famigliari disgregate e multiproblematiche, erano accolti presso gli Istituti anonimi e impersonali. Da qui il progetto di aprire la nostra famiglia all’accoglienza di bambini per contrastarne l’istituzionalizzazione e offrire a loro un ambiente più idoneo alla loro crescita. Fu così che presso la casa dell’Arcidiocesi di Pesaro all’Apsella di Montelabbate iniziò l’esperienza di offrire una famiglia vera per chi una famiglia non l’aveva mai avuta o l’aveva persa. Fino ad oggi centinaia di bambine e bambine hanno vissuto con noi diversi anni della loro giovane vita. Siamo certi che anche dal cielo don Gianfranco Gaudiano sarà impegnato nella pienezza della verità e della vita ad intercedere a favore delle sue opere e dei più bisognosi.
Marcello Nardelli – Comunità di Canaan – Apsella di Montelabbate
La lezione dell’accoglienza
Perché certe persone vengono amate più di altre? Per l’eredità che lasciano. “L’eredità più importante lasciataci dal nostro “professore di religione” è stata la disponibilità, la voglia di ascoltare le storie degli altri”. Con queste parole, Paolo Teobaldi, uno degli scrittori che meglio incarnano la pesaresità, concludeva dieci anni fa un suo articolo su Don Gianfranco Gaudiano. Sono uno di quelli che non l’hanno conosciuto né come professore, né come maestro, né come prete, né come amico e nemmeno con una stretta di mano fugace. Me ne dispiace tanto. L’accoglienza cordiale sembra essere stata una delle sue tante qualità. Ivano Dionigi, il Rettore dell’Università di Bologna, nel commemorarlo a dieci anni dalla sua morte, ricordava come Don Gaudiano fosse convinto che “ogni persona possiede talenti insostituibili”. Ogni persona, ogni uomo, doveva essere messo nelle condizioni di capire il proprio percorso, il proprio destino, il proprio bene. Questo l’insegnamento sull’uomo ma, quel prete, aveva anche un’idea alta di città.
Una comunità di uomini che prescindesse dalle posizioni sociali dei singoli. Quel sacerdote, da cittadino fra cittadini, denunciava lo scandalo della presenza degli “ultimi”. I barboni, gli sbandati, i drogati, i malati psichici in sintesi: gli emarginati, avevano il diritto di ricevere a pieno titolo la loro cittadinanza. Per lui “i più poveri di tutti” erano le persone affette da disturbi psichici. Non a caso don Gianfranco avrebbe voluto specializzarsi in psichiatria. Ecco come è cominciata l’avventura della Comunità di Via del Seminario. Non cittadini di serie A o di serie B ma uomini uniti in comunità. Un’idea di città nella quale “tutti vanno compresi”. Il Rettore dell’Università di Bologna 10 anni fa si chiedeva: “La città di Pesaro saprà apprendere questa lezione e fare propria l’eredità di Don Gaudiano?” Purtroppo, dieci anni dopo, lo stesso Prof. Dionigi si deve rammaricare che la figura di questo prete, di questo uomo eccellente sta per essere dimenticata. Allora, gli uomini di buona volontà di questa nostra Pesaro, che in passato si vantava di essere “a misura d’uomo” contribuiscano alla ricostruzione di questa memoria. Gli intellettuali, i letterati e gli artisti si dedichino a questo scopo! Prima di tutto verso i giovani che possono fare di Pesaro “la città dell’accoglienza”.
Stefano Giampaoli