Brutto risveglio domenica 26 maggio a Bologna. I cittadini sono chiamati a votare il referendum per eliminare i contributi economici comunali alle scuole dell’infanzia paritarie senza scopo di lucro. Tutto questo nonostante che la Corte Costituzionale abbia dichiarato, per ben tre volte, infondate le motivazioni.
Evidentemente i promotori hanno in mente scopi che vanno oltre a quelli dichiarati e un valore simbolico di carattere anche politico. È sintomatico che ciò avvenga durante il governo Letta Le associazioni promotrici, supportate dalle forze politiche all’opposizione (vedi ‘grillini’…) e da alcuni esponenti del mondo laicista e radicale (vedi il suadente Stefano Rodotà…), intendono creare un precedente politico allo scopo di delegittimare le attuali convenzioni stipulate dai comuni e dalle regioni. Un’eventuale vittoria del referendum, cosiddetto consultivo, porterebbe una seria ipoteca sulla legge (n. 62/2006) che riconosce le scuole paritarie e perfino dell’art. 32 della Costituzione che sancisce il diritto alla piena libertà di educazione.
La contrapposizione ideologica tra scuola a gestione statale e scuola a gestione non statale (associazioni, cooperative, parrocchie….) dovrebbe appartenere al passato. Si riconosce, ormai ovunque, che entrambe svolgono un’unica funzione pubblica. Ciò che avviene a Bologna non è concepibile in un contesto europeo. In pratica anche a livello nazionale: le scuole paritarie dell’infanzia accolgono 660mila bambini, contribuiscono alla libertà della scelta educativa e garantiscono anche la scolarizzazione, problema aggravato dal fenomeno delle immigrazioni.
Subdolamente non negano la possibilità che accanto alle statali ci siano anche le non statali (private), ma negano la possibilità di usufruire dei contributi economici ‘che, a loro dire, verrebbero sottratti alle scuole statali’: ragionamento squallido che non merita neppure di essere preso in considerazione. Le scuole ‘private’ sono una risorsa per lo stato e per la gente. Chi ci guadagna è la libertà della scelta educativa, l’economia e la società con la conseguente ricaduta nella politica. Dietro questa battaglia elettorale c’è il solito retroterra ideologico, piuttosto antiquato, dal sapore laicista e livore anticlericale che impediscono di vedere con chiarezza i veri e attuali problemi della scuola in Italia. È in gioco lo stesso concetto di libertà sia personale che sociale.
Mentre la Chiesa allarga i confini allo scopo di consentire un dialogo con tutti, questi si chiudono in un gretto provincialismo e nell’orgoglio dei piccoli lumi e del pregiudizio anti religioso. Imboccano un vicolo cieco che non offre alternative.
Raffaele Mazzoli