Primavera 1943. Sono passati esattamente 70 anni ed ecco emergere un’altra storia che merita di essere ricordata. A Cagli dal marzo 1943 la repressione di tedeschi e fedeli al regime si inasprì per scovare antifascisti, spie, ebrei ed i primi nuclei partigiani. Un fatto che è stato tenuto per molto tempo nascosto, avvenne nel “Monastero di Clausura di S. Nicolò”, dove trovarono rifugio inviate da un cagliese che si risiedeva a quel tempo a Bologna, Benedetto Alessandri, alcune donne. In accordo con il Vescovo Raffaelle Campelli, le quattro donne di origine ebree, Gina Terni con due figlie, Renata e Bianca Maria, quest’ultima poi convertita alla Chiesa Cattolica a seguito del matrimonio contratto con il nipote dell’allora Card. Ionio.
Un’altra signora ebrea, Elisa Morpurgo con sé aveva altre due donne di servizio, una delle quali, di nome Carmela residente a Vittorio Veneto, poco tempo dopo se ne andò e fece la spia ad un tenente della milizia, un certo Rossi, riferendogli che dentro il monastero dimoravano donne ebree. Il tenente si presentò subito al Vescovo Campelli per chiedere se ciò fosse vero. Il Vescovo in modo molto risoluto disse di no. Il tenente a su volta mostrò immediatamente al Vescovo i documenti con cui la donna aveva denunciato e sottoscritto la presenza delle donne ebree nel monastero. Il Vescovo non si fece intimidire, con coraggio li prese in mano e li stracciò gettandoli in una vicina stufa accesa per distruggerli. Dopo un ulteriore battibecco, il tenente con i suoi uomini si recò subito al “Monastero di S. Nicolò” e fece chiamare la priora, suor Nicolina Baldoni che era una pronipote di Papa Pio IX. Le chiese se in convento vi erano delle donne ebree ma la priora già molto impaurita rispose di no. Allora il tenente le intimò di giurare. Doveva giurare su dita incrociate a forma di croce ma per il suo stato di cristiana religiosa, sarebbe stato quasi impossibile. Poi riflettendo in quegli attimi di vera paura, vide che le dita del tenente erano a forma di x e quindi non una vera croce. Così pensando che quelle dita incrociate del tenente non avevano alcun significato, con decisione giurò. Il tenente si convinse e se ne andò. Tornò dal Vescovo raccontandogli l’accaduto e lo minacciò: «Se le suore hanno mentito lei passerà dei guai». Ma Campelli rispose…«Non ho paura e forse un domani potresti aver tu bisogno di me». Mesi dopo il tenente fu arrestato e stava per essere fucilato dagli antifascisti ed il Vescovo, venuto a conoscenza, si precipitò per raggiungerlo e grazie alla sua intercessione non venne ucciso.
Le donne, nascoste nell’antica torre duecentesca attigua al convento, venivano rifornite di viveri da Pippo Aguzzi, un artigiano che aveva il permesso di entrare nel monastero e vi rimasero fino alla fine della guerra. In segno di riconoscenza la signora Terni e le sue figlie, divennero nel dopoguerra grandi benefattrici del Monastero poiché avevano molti beni nelle Marche.