Il frate cappuccino di Fano invia una riflessione dalla terra di missione / 1 parte
Che la visita di Papa Benedetto
XVI del 18-20 novembre
p.v. sia un evento per tutto
il Bénin, cattolici e non, è un fatto
incontestabile. Tutti sanno che
gli occhi di una buona parte del
mondo saranno puntati su questo
piccolo paese dell’Africa dell’Ovest,
appena una lingua di terra
che corre da sud a nord per circa
1000 km e che è grande quanto
un terzo del territorio italiano. Ci
sono tanti elementi che concorrono
a rendere questa visita carica di
significati e di risonanze. Anzitutto
il Santo Padre viene a chiudere
le celebrazioni per il Giubileo dei
150 anni di evangelizzazione del
Bénin.
Nel 1861 alcuni sacerdoti missionari
della SMA (Società per le
Missioni Africane) impiantarono
la prima parrocchia sulla costa
atlantica dell’attuale Bénin. Era il
18 aprile 1861. Una data simbolica
evidentemente, perché anche
in epoche precedenti i tentativi
di evangelizzazione non erano
mancati, senza alcun esito tuttavia,
almeno da un punto di vista
visibile. Vale la pena di ricordare
che secondo la storia ufficiale del
paese i primissimi evangelizzatori
del Bénin furono una dozzina di
frati cappuccini portoghesi che
presero terra in queste coste nel
1600. La spedizione fu un fiasco
totale, vale la pena ripetere, da un
punto di vista umano: la metà di
questi confratelli morì dopo appena
una settimana di permanenza,
stremata dalle varie febbri locali e
dalla fatica del viaggio in nave che
in quei tempi doveva essere già in
se stessa un’impresa. La restante
parte del gruppo rientrò dopo
poco tempo. Non potremo mai
conoscere il frutto che il sacrificio
silenzioso e nascosto di tanti
missionari ha prodotto per il progresso
del Regno di Dio in queste
terre africane, al di là dei risultati
visibili.
Dal 1861 ad oggi la fede cristiana
ha messo le radici in questo angolo
del Golfo di Guinea, rallentata
da enormi pregiudizi nei confronti
dei missionari bianchi che portavano
il Vangelo.
Non si deve dimenticare che fino
a quel momento i bianchi che venivano
su queste coste venivano
con la divisa militare di questo
o quell’altro esercito europeo, e
che gli altri bianchi venivano per
commerciare schiavi. Dal 1780
al 1848 (anno di abolizione dello
schiavismo in queste zone) furono
deportati da queste coste verso il
Brasile qualcosa come 3 milioni e
mezzo di schiavi, la metà dei quali
morti in viaggio e gettati in mezzo
all’Atlantico. Quando si va a visitare
il museo nazionale di Ouidah,
presso l’ex forte portoghese, la guida
del Museo non manca di ricordare
che i bianchi erano qualificati
con tre “m”: militaires, marchands
et missionaires: cioè militari, commercianti
e missionari. Si capisce
bene che uomo bianco non era
affatto percepito come portatore
di una “buona novella”, tutt’altro.
Piuttosto portatore di morte.
Nonostante tutto il Vangelo ha
portato i suoi frutti e ora la fede
cristiana è ben radicata in tutto il
paese, soprattutto qui al sud. Per
dare qualche numero la sola Diocesi
di Cotonou ha più di 300 preti
diocesani , senza contare tutti i sacerdoti
religiosi e i vari istituti di
vita consacrata.
Al nord la situazione è differente:
si è ancora alla prima evangelizzazione,
con Diocesi di recentissima
fondazione costituite da un esiguo
numero di battezzati e con pochissimi
pastori. Tanto per dare un altro
esempio, la Diocesi di N’Dali,
dove noi cappuccini abbiamo una
comunità, ha appena una ventina
di sacerdoti, di cui solo due autoctoni.
… (la seconda parte nel
prossimo numero)
Fra Damiano Angelucci da Fano
Frate minore cappuccino, missionario
in Bénin
www.fradamiano.blogspot.com